7.5
- Band: SONUM
- Durata: 00:53:50
- Disponibile dal: 08/06/2022
- Etichetta:
- Wormhole Death
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Ad un paio di anni dalla formazione ufficiale, i Sonum arrivano alla pubblicazione del debut album con due EP introduttivi alle spalle, mostrando quindi una volontà ed una predisposizione a creare ed evolvere rapidamente la propria maturazione stilistica. Composto da musicisti non di primo pelo, il quintetto arriva in “Visceral Void Entropy” a dissezionare con acume i valori portanti del death metal secondo letture oblique e sguardi contorti, allungando i propri tentacoli verso vie espressive non rigidamente associate al genere, quanto ad un mutevole ed inquietante gusto personale che si propaga velenoso attraverso tutta la musica del disco. Sempre seguendo un personale percorso stilistico, i Nostri affrontano l’opener “The Poison We Create” con ardore, scaturito da dissonanze brucianti ed un impianto generale solido e strutturato con intelligenza. “Come Back From The Pyre” sembra invece rallentare i ritmi, aprendosi a cantati in pulito che accompagnano con differente trasporto le chitarre meno aggressive della canzone, senza dimenticare però l’arcigno potere delle fughe in blast-beat che affiorano sovente nel brano. Quale che sia la direzione intrapresa dai Sonum, si riesce a dare quel senso di coesione e credibilità che consente di gustarsi anche gli inframezzi acustici di “The Call” e “Desolation”, o le più ritmate istanze di “Feel Them Breathe” con la giusta predisposizione, inserendo cioè il tutto in un contesto generale ben congeniato che prevede situazioni multiformi non sempre improntate alla violenza. Ne dà prova “Bury My Body Here”, brano che dopo i foschi risvolti della potente “Iconoclast” si avventura nelle pieghe più atmosferiche che assumerà la terza ed ultima parte di “Visceral Void Entropy”: basata sui sofferenti fraseggi della chitarra solista, questa canzone mette in luce i frangenti più riflessivi ed emozionanti del caleidoscopico immaginario dei Sonum, pronti a stupire ancora nei misteriosi labirinti sonori di “I Am Destruction” e nei sapori sinfonici che assume la canzone di chiusura “New Omega”, momento conclusivo che riesce ad includere al suo interno molti dei caratteri salienti presentati dalla band in questo lavoro. Senza paura nell’osare, e con le adeguate conoscenze tecniche e teoriche richieste da un lavoro così ambizioso, i cinque italiani danno vita ad un mostro dalle mille teste che non conosce momenti di debolezza, certo non facile da affrontare ed assimilare ma dotato della giusta consapevolezza compositiva per poter superare con successo tanto la prova dei primi ascolti quanto quella più subdola del riascolto e del tempo. Una dimostrazione di come la musica ‘storta’ possa comunque svilupparsi secondo sentieri dinamici ed imprevedibili.