
7.5
- Band: SPECTRAL WOUND
- Durata: 00:40:12
- Disponibile dal: 16/04/2021
- Etichetta:
- Profound Lore
- Distributore: Audioglobe
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Non ci sembra esagerato affermare che il black metal stia attraversando il suo massimo momento di popolarità e diffusione, superiore persino a quello registrato attorno alla metà degli anni Novanta grazie agli exploit artistici di Satyricon, Emperor e Dimmu Borgir. L’intero genere è ormai un calderone ribollente da cui emergono settimanalmente nuove realtà, le quali – seguendo punti cardinali come Deathspell Omega, Mgła o Misþyrming – cercano di trovare una loro collocazione nel firmamento della Nera Fiamma, in un fenomeno che, date le sue caratteristiche, porta poi moltissimi dischi ad assomigliarsi fra loro e ad offrire soluzioni per cui vale già l’espressione ‘trite e ritrite’.
Questo preambolo per dire che, una volta tanto, fa piacere imbattersi in un gruppo che evita di imitare i soliti stilemi islandesi o polacchi, e che nel suo essere classicissimo sceglie comunque di imboccare sentieri meno scontati di quanto ci si potrebbe aspettare. Intercettati dalla Profound Lore per quella che è la loro terza prova sulla lunga distanza, gli Spectral Wound si affacciano dalle tenebre del più profondo underground canadese con un’opera, il qui presente “A Diabolic Thirst”, che è a tutti gli effetti un concentrato di rabbia e malinconia che gioca di ingegno con un certo tipo di tradizione scandinava senza mai volersene distaccare; quaranta minuti pressoché esatti di musica in cui il riffing viene investito di una componente narrativa predominante pur nella ripetitività di alcuni suoi passaggi, e dove la sezione ritmica non lascia spazio a fraintendimenti sulle velocità lancinanti da seguire.
Un suono che eredita la violenza dei Dark Funeral di “Vobiscum Satanas” e dei Dawn di “Slaughtersun” e la innesta sulle melodie limpidissime, a tratti sfacciatamente orecchiabili, dei migliori Sargeist, evitando comunque di ridursi al ‘compitino’ per il timore di affrontare a viso aperto simili capisaldi. Di band senza attributi ce ne sono parecchie, e gli Spectral Wound non rientrano appunto nella categoria: guidata da uno screaming che per estensione e cattiveria ha poco o nulla da invidiare a quello del caro vecchio Emperor Magus Caligula, la tracklist si snoda in una serie di lunghe cavalcate che, dietro l’apparente staticità ritmica, svelano variazioni e stratificazioni di notevole gusto, oltre appunto ad una fluidità melodica capace di imprimersi sottopelle in un’escalation dai toni invasati e febbricitanti.
Concetti che appaiono chiari fin dall’opener “Imperial Saison Noire” e che le successive “Frigid and Spellbound” e “Soul Destroying Black Debauchery” portano letteralmente in trionfo, non consentendo all’album di raggiungere l’eccellenza soltanto a causa di un ‘lato B’ (“Mausoleal Drift”, “Fair Lucifer, Sad Relic”, “Diabolical Immanence”) leggermente sottotono rispetto a quanto ascoltato nella prima parte. Poco male, comunque, dal momento che “A Diabolic…” (baciato peraltro da una produzione esemplare) è e resta un’opera di melodic black metal come non se ne trovano più tanto spesso oggigiorno.