7.5
- Band: SPERE
- Durata: 00:41:33
- Disponibile dal: 06/12/2024
- Etichetta:
- Northern Silence Prod.
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C’è un artista che abita nel cuore dei blackster tedeschi Spere, e quell’artista risponde al nome di Ace Börje Thomas Forsberg, in arte Quorthon, indimenticato leader degli altrettanto indimenticabili Bathory; un amore che il duo teutonico non fa, peraltro, nulla per nascondere. Fin dalle prime note di questo “Eight-Led To The Beam”, loro debutto sulla lunga distanza dopo la fondazione del gruppo, avvenuta nel 2023, appare infatti evidente quale impatto abbiano avuto album come “Blood Fire Death”, “Hammerheart” e “Twilight Of The Gods” sull’immaginario dei qui presenti Niklas (chitarra e voce, già membro degli Horn) e Tempestas (batteria, già membro degli Halpas).
L’approccio più moderno e raffinato alla materia – che non può non rimandare al lavoro di altri act palesemente influenzati dal periodo epic-viking del geniale compositore svedese come Primordial o Draugnim, ma anche gli Enslaved meno progressivi e i Belenos più epici – non trae, infatti, in inganno.
Dall’iniziale “Kevalier” fino alla conclusiva “Krafter” tutto l’album, ottimamente prodotto da Torsten Baus presso gli Sculpt Sound Studios, trasuda l’amore degli Spere per la lezione bathoriana, con la band che comunque non rinuncia ad inserire nelle trame i propri elementi peculiari, a partire dalla volontà di affrontare la materia in una non certo usuale formazione a due nella quale l’utilizzo del basso (così come quello di qualunque altro strumento, ad eccezione della chitarra e della batteria) non è previsto nemmeno in sede di registrazione.
L’intenzione di Niklas e Tempestas è, infatti, quella di riprodurre le proprie composizioni contando unicamente sulle proprie forze, costruendo ulteriori strati di chitarra mediante l’effettistica e la processazione del suono attraverso amplificatori sia di chitarra che di basso: il risultato è un suono molto ricco e sfaccettato, fatto di riff di chitarra sapientemente congegnati ottimamente supportati da un drumming tanto efficace quanto fantasioso, in cui la suddetta assenza del basso non si fa minimamente sentire.
Appare evidente fin dai primi minuti dell’album come l’obiettivo degli Spere non sia minimamente quello di cambiare le carte in tavola di un genere che ha già da tempo definito le proprie fondamenta stilistiche, concentrandosi in modo deciso sull’evocazione di atmosfere dense, arcane e teutonicamente romantiche (nel senso ottocentesco del termine) attraverso brani estremamente efficaci , spesso impostati su rocciosi mid-tempo, ma senza disdegnare momenti più urgenti, fra i quali spiccano per intensità la già citata opener “Kevalier”, ma anche la più incalzante “Kombatant” e la marziale e conclusiva “Krafter”.
Il concept in otto atti (più due intro) architettato dagli Spere, riguardante la scomparsa del mondo antico riletta modo loro, non fa che aggiungere fascino a un disco che non mancherà di far correre più di un brivido lungo la schiena agli appassionati del genere, ma potrebbe trovare estimatori anche fra tutti gli appassionati del metal più epico ed evocativo non necessariamente amanti delle sonorità estreme, grazie anche a un approccio vocale che, anche nei momenti più feroci, non si discosta mai da un growl decisamente intelligibile, raggiungendo poi vette di assoluta epicità nei momenti clean, stentorei e fieri come genere comanda.
Un lavoro realizzato con estrema competenza e professionalità, oltre che amore per la materia trattata, al quale manca forse il guizzo per spiccare in modo definitivo in un genere in cui i capolavori sono ormai assurti allo status di leggenda nella memoria collettiva degli affezionati, ma assolutamente godibilissimo, nonché viatico per possibili sviluppi futuri molto interessanti.