6.0
- Band: BONE DANCE , DIVIDER , PLEBEIAN GRANDSTAND
- Durata: 00:27:00
- Disponibile dal: 15/07/2011
- Etichetta:
- Throatruiner Records
Spotify:
Apple Music:
Tre band metalcore presenti in questo split tripartito. I primi due terzi del lavoro in realtà sembrano il prodotto di una sola band, poiché sia i Bone Dance che Divider non riescono a scrollarsi di dosso l’ingombrante ombra del metalcore muscoloso, oscuro e bellicoso dei Burnt By The Sun e dei Rise and Fall. Le due band sono avvelenate e incazzate al punto giusto ma impiegano troppe energie a mettere in mostra una serie di muscoli praticamente sterminata, in cui pare non sia stato riservato neanche uno spazietto libero anche per un minimo di cervello e, quindi, per qualche guizzo di creatività o imprevedibilità. Le due canzoni dei Bone Dance che aprono lo split sono addirittura indistinguibili fra loro, e potrebbero essere tranquillamente interscambiate senza farsi notare. I Divider invece alzano di poco il livello compositivo e si affidano qua e là a qualche spasmo thrash e breakdown old school un po’ più groovy e antemici, ma anche qua le due tracce scorrono via senza scalfire i timpani più di tanto e si perdono anche loro in un una nebbia confusa di anthem agguerriti e riffoni metallici anonimi e strasentiti. La terza band invece risolleva un po’ le sorti del lavoro e mostra più coraggio e il desiderio di sviluppare un sound proprio, anche se con risultati altalenanti. I Plebeian Grandstand fin dalle prime note di “Woe Is Me” non fanno alcuno sforzo per nascondere delle evidentissime venature black metal nel proprio impianto hardcore, cosa che li avvicina non poco alla formula dei The Secret e dei Tombs. I suoni sono più glaciali, intelligibili e dilatati e a tratti la sofferenza e la rabbia cieca arrivano alle orecchie inconfondibili e senza indugi. I Nostri rispolverano anche qualche guizzo screamo di quello più intimistico e lacerante, in maniera non dissimile da come fatto con successo dagli Envy. Nel complesso uno split ben fornito di munizioni ma, a parte la band finale – che pure non fa certo gridare al miracolo – il lavoro in esame, povero di idee, sembra sparare ogni colpo a casaccio cercando di colpire qualcosa nel mucchio, ma le vittime mietute alla fine sono veramente poche.