6.0
- Band: SPOCK'S BEARD
- Durata: 00:56:10
- Disponibile dal: 25/03/2013
- Etichetta:
- Inside Out
- Distributore: EMI
Spotify:
Apple Music:
E’ di nuovo tempo di cambiamenti in casa Spock’s Beard. Dopo l’abbandono da parte di Neal Morse nel 2002, la band neo-progressive rock statunitense aveva raccolto le forze e, dopo un lavoro da dimenticare come “Feel Euphoria”, aveva dimostrato di saper camminare con le proprie gambe. Ora però anche il batterista/cantante Nick D’Virgilio ha deciso di lasciare in favore della convocazione ben più remunerativa del Cirque Du Soleil per lo spettacolo “Totem”, e così Alan Morse, Ryo Okumoto e Dave Meros si sono trovati di nuovo nella spiacevole situazione di ricominciare da capo. Lo fanno chiamando il bravissimo Ted Leonard direttamente dagli amici Enchant, il quale porta la sua esperienza, la sua voce e qualche idea. E, a giudicare dall’ascolto dell’album, le idee del cantante sono tra le più valide dell’album. A cominciare dall’opener “Hiding Out”, che suona come un pezzo degli Enchant, per arrivare a “Submerged”, ovvero la chicca dell’album, che arriva direttamente dal disco solista di Leonard del 2007 intitolato “Way Home”. Qui la voce tocca livelli sopraffini e le linee vocali sono davvero ammalianti. La band accompagna con la classe che la contraddistingue ormai da più di vent’anni, ma qualcosa sembra non funzionare al meglio nel reparto compositivo generale. Ai due pezzi sicuramente validi che abbiamo citato se ne affiancano altri francamente evitabili, come la viscida ed inconcludente “I Know Your Secret” o la contorta “Something Very Strange”. Delude anche la partecipazione speciale di Neal Morse alla composizione di “Afterthoughts” (una specie di scarto dalle session di “Gibberish” e “Thoughts”) e “Waiting For Me”, dotata di un intro che richiama un po’ troppo da vicino le melodie del Morse solista, tanto da scatenare nel sottoscritto una sorta di delirio da deja-vu in pieno stile “Sarabanda”. Una cocente delusione, per chi come chi scrive ha sempre amato la band. Una sufficienza la meritano, fosse solo per la bravura e per la capacità di ricreare le sonorità degli Anni ’70 anche attraverso l’uso di strumentazione vintage, e per premiare il nuovo arrivato Ted Leonard, autore dei due pezzi più interessanti del lotto.