7.0
- Band: SPOILED
- Durata: 00:24:23
- Disponibile dal: 27/02/2025
- Etichetta:
- Gruesome Records
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Basterebbero copertina e titoli dei brani per decifrare la proposta degli Spoiled: diciamo che canzoni come “Beer Stealers”, “Punkomat”, “Zombie Hunters” portano molto facilmente a pensare ad un certo tipo di thrash – hardcore di scuola Municipal Waste, Iron Reagan, S.O.D. (evidentemente omaggiati con l’opener “Marching Spoiled”) ma anche Nuclear Assault e via dicendo; quel thrash di versante prevalentemente americano, capace di creare, quando ben fatto, dei veri e propri inni e di non stancare nemmeno più di quarant’anni dopo i primi vagiti del genere.
“Quando ben fatto”, dicevamo, e se è vero che l’attitudine conta molto, ci vogliono anche i riff per fare i thrasher; per fortuna gli Spoiled sanno maneggiare la materia molto bene.
In quest’album di venticinque minuti per quindi brani, licenziato per Gruesome (e Selvajara nella versione digital), non c’è nemmeno una nota che risulti originale, ma il riffing serrato di brani come la title-track, la citata opener, o di brani come “What A Mess!” e “Be Food!” è francamente irresistibile. La band italiana sembra assolutamente conscia di cosa stia suonando, corre ai cento all’ora e rallenta con dei breakdown ignorantissimi, cazzonaggine di fondo, un cantato urlato e controcori, batteria forsennata e non mancano delle incursioni più propriamente hardcore, come in “Phate I Nabbath”, “Fratello D’Italia” (peraltro il cantato in italiano suona piuttosto nelle corde della band) o “Identity”.
Da menzionare anche l’evidente omaggio ai Napalm Death, intitolato per l’appunto “Napalm”, quel tipo di cose capaci comunque di scaldare il cuore – immaginiamo già gli sguardi d’intesa tra chi l’ascolta dal vivo e la band stessa.. La prova tecnica è sicuramente notevole e capace di risultare convincente, in nessun modo raffazzonata o improvvisata, ed è evidente che i musicisti non siano proprio di primo pelo (nemmeno come ascoltatori, in quanto risulta convincente la genuinità del disco).
Insomma, si va a velocità folli, ci si diverte, ascoltando “Collapse”: non si scopre niente di nuovo, zero inventiva, zero innovazione, solo un bel salto indietro nel tempo, tra poghi sfrenati, pavimento appiccicoso di birra e un po’ di nostalgia facile facile. Disco spassoso e che funziona piuttosto bene se ascoltato con piglio giusto, per una mezzoretta di svago senza troppe pretese.