6.0
- Band: STAM1NA
- Durata: 00:44:25
- Disponibile dal: 07/02/2014
- Etichetta:
- Sakara Records
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I finlandesi Stam1na – da non confondersi con la omonima band italiana – sono attivi già da diverso tempo ed in madrepatria godono di grande popolarità, al punto che “Slk” (il loro sesto album) è stato accolto molto bene dal pubblico della terra di Babbo Natale, balzando ai primissimi posti delle classifiche di vendita. La loro scelta di cantare nella loro lingua d’origine però chiaramente non li facilita a riscuotere lo stesso successo anche oltre i confini, a maggior ragione se si considera la poca versatilità della lingua finlandese (fonicamente abbastanza simile all’italiano peraltro). Ci sentiremmo di consigliare l’ascolto di questo album, e la scoperta di questa band, agli ascoltatori più aperti di mente, coloro che non si spaventano davanti alle sperimentazioni estreme e ai cambi di stile, genere e atmosfera più repentini e spericolati. Già perchè in “Slk” troviamo davvero di tutto un po’: dai riff cadenzati dal sapore nu-metal alle atmosfere gotiche, dai riff affilati in salsa thrash alle tastiere elettroniche, dalle scream vocals black metal fino ai ritornelli pop. I frangenti che abbiamo trovato più coinvolgenti sono quelli più essenziali, come “Panzerfaust” ad esempio, con le sue interruzioni cadenzate e le sue tastiere in salsa Dimmu Borgir, oppure la successiva (e impronunciabile) “Kuolleiksi Ruoskitut Hevoset” con belle aperture melodiche e refrain vincenti. Dove invece gli Stam1na non ci convincono fino in fondo è in questo loro insistente modo di voler riempire le canzoni con orpelli e abbellimenti che, alla fine dei conti, risultano eccessivamente barocchi. Un esempio calzante del concetto di cui sopra è un brano come “Masiina” dove il riff portante, cadenzato ed essenziale appunto, è chiaramente coivolgente e avvolgente nella sua semplice dinamicità, mentre nel resto del brano le varie interferenze chitarristiche e i mille tappeti musicali vanno a far perdere l’intensità al brano. Un altro aspetto che ci convince solo in parte sono questi cambiamenti di atmosfera così improvvisi in nome, crediamo, di un’apertura totale a qualsiasi territorio musicale. Concettualmente è apprezzabile come tipo di atteggiamento, ma il rischio è quello alla fine di non accontentare nessuno, nè l’appassionato dell’estremo, nè l’ascoltatore più affine a sonorità più “easy”. Consiglieremo la scoperta di questa band agli appassionati di sonorità più sperimentali e schizofreniche sulla falsariga di Die Apokalyptischen Reiter e Devin Townsend, ma se quello che cercate è linearità e semplicità di sicuro non la troverete in questa band.