STARSPAWN OF CTHULHU – Alienum

Pubblicato il 27/07/2024 da
voto
7.0

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A più di cento anni dalla pubblicazione di “Dagon”, racconto che (sia pure in modo embrionale) comincia a svelare il mondo dei Grandi Antichi, l’opera letteraria di H. P. Lovecraft continua ad affascinare ed ispirare una vasta porzione dell’universo metal, dai Black Sabbath (la “Behind The Wall Of Sleep” del debutto) sino agli Electric Wizard di “Dunwich”, passando ovviamente per Metallica (“The Call of Ktulu”) e Celtic Frost (“Nocturnal Fear” e “Morbid Tales”).
Concentrandoci nell’ambito del metal estremo è difficile, durante l’ascolto di “Alienum” non tornare con la memoria all’orrore indescrivibile celebrato dai francesi The Great Old Ones (per chi ne avesse mancato l’ascolto, consigliamo almeno lo splendido, dalla copertina al contenuto, “TeKeLi-Li”). A differenza di questi ultimi, comunque, dediti ad un post-black metal che concede scarsa libertà di azione alla melodia, dentro Starspawn Of Cthulhu l’immaginario Lovecraftiano viene declinato attraverso una serie di brani dalla decisa impronta doom, in cui una componente tradizionale figlia dei Cathedral (“Ancient Visitor”, ingentilita da un ben congegnato inserto di tastiere), è progressivamente contaminata da una vasta gamma di influenze che rendono il lavoro decisamente scorrevole.
Il progetto, che dopo l’abbandono di Domenico Groppo è divenuto una one-man band dietro il cui moniker si cela Roberto Biasin (già nei Last Century di Vicenza) giunge al debutto sulla lunga distanza dopo alcuni EP (“The Cursed Vision”, “Tales From The Unknown”), il più recente dei quali distribuito dall’etichetta austriaca Talheim Records.
Sarà che la solitudine in fondo dà coraggio, come diceva Celentano, ma  il polistrumentista Biasin con “Alienum” non ha affatto paura di misurarsi con il dark-prog italiano di Jacula e Antonius Rex (“Melodies From Another Dimension”), e nemmeno di sporcarsi le mani con alcune componenti stoner che avvicinano la sua musica a quella di un Danzig persino più gotico dell’originale (“Alien Crown”).
Nella prospettiva di un mondo popolato da presenze che si temono pur percependosi appena, nella penombra, il disco assume il passo pesante e desolato dei Reverend Bizzarre di “In The Rectory” in “Yuggoth”, lascia che tra gli  arpeggi sospesi di “Towards The Starlight” si muova il veliero degli Ahab (altra band avvezza a narrare di paure ancestrali ispirate dagli abissi marini), ripercorre con voce profonda gli stessi sentieri stoner doom battuti dal Monolord in “They Come At Night” (a nostro avviso il brano migliore della raccolta e uno dei potenziali singoli), per poi chiudere il ciclo riabbracciando il doom di “Ancient Visitors” con la finale “Great Race of Yith”.
“Alienum” è quindi un debutto promettente, che, al netto di qualche passaggio forse un po’ didascalico  – vedi le tastiere di “Great Race of Yith” o di “Melodies from Another Dimension” – rivela un musicista dalla scrittura solida, da seguire con attenzione e speranza nelle evoluzioni future.

 

TRACKLIST

  1. Ruins of the Past
  2. Ancient Visitors
  3. Melodies from another Dimension
  4. Alien Crown
  5. Yuggoth
  6. Towards the Starlight
  7. They come at Night
  8. Great Race of Yith
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