5.0
- Band: STONE SOUR
- Durata: 01.57.00
- Disponibile dal: 31/08/2018
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Warner Bros
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Mentre Kanye West svela al mondo la rivoluzione delle sette tracce, pubblicando con l’entusiasmo che lo caratterizza svariati mini album a stretto giro che catturano l’ascoltatore disattento e facilitano l’ascolto in loop, gli Stone Sour vanno dalla parte opposta ricorrendo all’antica arte del ‘re-packaging’ per dare una bottarella alle vendite dell’ultimo “Hydrograd” a un anno esatto dalla pubblicazione. Pur appartenendo alla preistoria dell’industria musicale la mossa può anche funzionare a determinate condizioni, partendo però da un disco già molto lungo (65 minuti per 15 tracce) che non ha tra i propri punti forti organicità e coesione, l’ascolto può fare davvero paura. Partendo dalla traccia 16 ascoltiamo quattro ottimi esempi degli Stone Sour versione Martucci: un rock corposo, groove e cazzuto che mette in mostra il fenomenale Corey Taylor e dà modo di esprimersi all’ultimo arrivato alla chitarra, senza ricordare gli Slipknot e senza risultare in alcun modo pretenzioso. Togliendo “Burn One Turn One”, già edita nell’edizione giapponese assieme all’efficace cover dei Van Halen “Unchained”, “Bootleg Ginger” “Live Like You’re on Fire” e “Subversive” avrebbero potuto sostituire qualche pezzo fuori fuoco e fuori tema nella versione originale rendendo l’ascolto più coerente. C’è poi “Bombtrack”, immortale molotov firmata Rage Against The Machine resa fedelmente ma del tutto estranea al DNA del gruppo di Rand e Taylor. La lunga lista di pezzi acustici e (dubbi) live fanno da ulteriore riempitivo. Incarti libidinosi o artwork alternativi per chi ha il feticcio della copia fisica? Non pervenuti. Come avrete capito questa edizione ‘all you can eat’ di “Hydrograd” contiene degli episodi validi, ma non fa che amplificare fino al totale disorientamento quella sensazione di playlist bulimica, generica, scostante, senza capo né coda.