7.5
- Band: STORMRULER
- Durata: 01:14:14
- Disponibile dal: 14/10/2022
- Etichetta:
- Napalm Records
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È ormai consolidata questa sorta di ‘new wave’ incentrata sulla riproposizione di certo black metal melodico, quello perlopiù discendente dall’imperituro magistero dei Dissection (e di altre band ormai canoniche, quasi sempre svedesi, come Sacramentum, Naglfar, Vinterland, Lord Belial ecc.). Si tratta principalmente di band statunitensi, capaci di generare un genuino apprezzamento trasversale come successo recentemente con gli Stormkeep: progetti che nascono con l’intento di ricreare un immaginario musicale ed estetico affine a quel tipo di black metal novantiano, tra vagheggiamenti medievaleggianti/barbarici/mitologici mescolati a tematiche oscure che mescolano magia nera ed epicità belligerante, il tutto sostenuto da una grande capacità tecnica e compositiva, in un amalgama sonoro di qualità eccellente – superando in ogni senso i limiti qualitativi che hanno contraddistinto per lungo tempo il genere di provenienza.
Gli Stormruler, duo del Missouri, sono tra le band più interessanti in questo panorama – lo si può dire con certezza ora che approdano al secondo album. Suoni cristallini ma mai finti o piatti, al servizio di una musica di grande impatto, ricca di riferimenti ai classici del genere, ottenendo un black metal sporco e drammatico, epico e mai caotico, con arrangiamenti oltremodo variegati – seppur senza mai allontanarsi dalle sponde sicure di ‘quel’ black metal di cui sopra. “Sacred Rites & Black Magick” è un album perfetto per le nuove generazioni che vogliono scoprire un genere musicale che spesso può risultare respingente a causa di suoni troppo distanti dalla maggior parte del metal attualmente in circolazione; ma al contempo è un lavoro eccellente per chi non ha mai smesso di considerare il black metal un genere che non ha bisogno di reinventarsi troppo, dove gli archetipi compositivi degli anni Novanta sono più che sufficienti per ottenere sempre nuova linfa artistica. Il paradosso negli Stormruler è che nella loro musica non c’è davvero nulla di nuovo: eppure emanano una sensazione di freschezza e novità. Nessun paradigma viene superato o anche solamente scalfito – la vera innovazione, tuttalpiù, è nella gestione della produzione che, come già detto, colloca questo album a una pulizia e a una potenza tipiche di questi anni. Melodic black metal senza fronzoli, allo stato puro, anche nei suoi pochi punti deboli: “Sacred Rites & Black Magick” è un album lungo, probabilmente troppo, dove non ci sono scossoni dati da qualcosa di mai sentito prima, dove nessun brano spicca davvero su un altro, se non l’opener “Internal Fulmination Of The Grand Deceivers” e la clamorosa title-track; eppure questa coazione di stilemi eseguiti con enorme perizia tecnica, di riff che si rincorrono, e i numerosi inserti tastieristici strumentali tra un brano e l’altro, e le sfuriate old-school, e le flessioni cadenzate che sembrano composte dal giovane Abbath… tutto concorre a rendere l’album un qualcosa di ottimo, quasi dal sapore di classico-in-vita, concretamente piacevole da ascoltare e riascoltare nella sua interezza, senza rincorrere il singolo che possa diventare virale, ma proponendo un disco-progetto, o un disco-discorso – e, ci si perdoni la ‘sboomerata’: ma questo approccio corrisponde proprio a ‘come si faceva una volta’, e non può che farci piacere.