4.5
- Band: STRATOVARIUS
- Durata: 00:49:16
- Disponibile dal: 13/09/2005
- Etichetta:
- Sanctuary Records
- Distributore: Edel
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Ma che sta succedendo? Stiamo diventando tutti pazzi? Come può una etichetta investire miliardi (o milioni di euro, che dir si voglia) su una band come gli Stratovarius, giunta negli ultimi anni ad un livello di piattume davvero imbarazzante? Due anni fa, come tutti ormai saprete, gli Stratovarius erano arrivati alla frutta, dopo la pubblicazione dei due imbarazzanti “Elements Part 1” ed “Elements Part 2”. Gli screzi all’interno del gruppo erano ormai ingestibili, Timo Tolkki era in preda alla follia più pericolosa, Kotipelto era preso dalle sue manie di onnipotenza. La Sanctuary aveva già ingaggiato i finlandesi per svariati miliardi, e così Tolkki si è trovato costretto a riformare gli Strato dalle ceneri, assoldando la povera Miss. K., per poi cacciarla poche settimane più tardi. La maggior parte dei metalhead a quel punto ha sperato nell’ipotesi dello scioglimento, quand’ecco che ad un tratto le voci di una reunion si sono fatte sempre più insistenti, ed in questi giorni assistiamo al ritorno ufficiale dei finlandesi su disco. Tutte le incomprensioni si sarebbero appianate, e le dichiarazioni che spianano la strada per l’album parlano di un cambiamento radicale delle sonorità. Cosa fare, allora? Ascoltiamolo attentamente e vediamo dove sono queste novità. Parte l’opener/singolo “Maniac Dance”, introdotta da un girettino melodico di synth in stile Nintendo 8 bit, poi il tutto viene doppiato dalle chitarre, in perfetto stile Lordi. Sì, avete sentito bene, gli Strato hanno approfondito quella vena hard rock già introdotta nei pezzi inediti della raccolta “Intermission” di qualche anno fa, peccato che nel caso della vecchia “Will My Soul Ever Rest In Peace” le melodie fossero vincenti ed azzeccate, mentre qui ci ritroviamo davanti ad un pezzo ostico, pesante, melodicamente inefficiente. Kotipelto sfodera una performance irriconoscibile, aggressiva, a tratti acida. Non facciamo in tempo ad incrociare le dita per i prossimi pezzi, che sopraggiunge l’orrenda “Fight!!!”, di un piattume allucinante, raffazzonata, sbrigativa. Sembra essere questo il leit motif dei nuovi Stratovarius: “mettiamo giù un pezzo strumentale in cinque minuti e facciamo cantare a Timo la prima linea melodica che gli viene in mente”. Non c’è collaborazione, non c’è feeling, e la cosa traspare in maniera evidente dalle tracce del lavoro, mostrando un prodotto figlio di una band ‘gravida sine copula’. La helloweeniana “Just Carry On” risolleva leggermente le sorti dell’album, e si dimostra la song più gradevole (!) del lotto, nonostante i suoni pessimi della batteria di Jorg Michael. Ridicoli i vocalizzi operistici di “Back To Madness”, eccessivamente ripetitiva “Gypsy In Me”. Non c’è un pezzo che funzioni veramente, non c’è un pezzo dove la band sembri prendere respiro e sferzare uno dei colpi che in passato ci ha saputo regalare. La bambinesca ballad “Land Of Ice And Snow” cerca di riportarci sui territori di “Episode” e “Visions”, senza eguagliarne l’intensità. Sicuramente i fan dei finlandesi urleranno al miracolo, certamente i detrattori avranno di che parlare (eccome!), e forse è proprio questo che la band sembra averci dimostrato di volere: che se ne parli, nel bene o nel male.