6.5
- Band: STRIKE AVENUE
- Durata: 00:40:19
- Disponibile dal: 22/12/2020
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Gli Strike Avenue continuano da dove avevano lasciato con il buon “Human Golgotha” del 2018, la prima vera performance convincente della loro ormai ultradecennale storia, il quale può essere considerato lo spartiacque di una seconda giovinezza per il quintetto calabrese.
La band di Cosenza continua sulla strada del concept per veicolare questo ultimo capitolo, intolato “Antiresurrection”, e come da storia recente, artisticamente prodotto dalla concittadina Blackrain Media, con la quale i Nostri hanno stretto un fruttuoso sodalizio già dal precedente lavoro. Le coordinate di riferimento non sono mutate, anche se abbiamo notato una lieve dispersione della componente death tout court in funzione di una maggiore prominenza dello spunto groove/core, il che contribuisce ad un sensibile ammodernamento del sound. Abbiamo sempre le vocals estremamente gutturali del frontman Phil che la fanno da padrone, mentre il comparto ritmico tesse una base rocciosa a tutto groove, accelerazioni e rallentamenti, come da tradizione della band. Il disco parte leggermente a rilento con la titletrack, non proprio il pezzo più brillante del lotto, ma si riprende molto bene già dalle prime battute della successiva “The Cold Breath Of Death”, dove troviamo un cantato veloce e incalzante che non dà tregua, e delle trame chitarristiche piuttosto interessanti. “Dominium Mali”, come il nome lascia subodorare, mostra il lato più oscuro del combo calabrese, muovendosi su ritmi pachidermici e oppressivi, mentre “The Fierce Reckoning” spinge più sulla velocità e la melodia, con delle accelerazioni che ricordano i primi Thy Art Is Murder. Con “Human Genocide” abbiamo la prima vera e propria headbanger del lotto, con un interessante riff scavezzacollo mitigato dalle incursioni della chitarra solista. Nel resto della tracklist, il combo continua a battere il ferro, mostrando una buona comunione d’intenti ed affiatamento, anche se tra gli annosi problemi della band resta la solita tendenza alla ripetitività e alla ridondanza in certi frangenti, soprattutto in ambito vocale, ma ciononostante possiamo dire di avere tra le mani quello che è probabilmente il lavoro più valido della band cosentina dai loro esordi ad oggi.
Gli Strike Avenue non ambiscono a diventare una realtà mondiale di punta, ma vanno a confezionare un altro buon lavoro (soprattutto considerati gli zoppicanti inizi) e si confermano essere, e di questo gliene si deve dare atto, una delle realtà più caparbie del meridione.