7.0
- Band: STRIKER
- Durata: 00:41:07
- Disponibile dal: 26/10/2018
- Etichetta:
- Record Breaking Records
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C’è poco da dire, gli Striker non vogliono proprio saperne di fermarsi, anche solo per un breve lasso di tempo: è infatti ormai dal 2016 che la band di Edmonton immette sul mercato un full-length ogni anno, riuscendo per giunta a mantenere un livello qualitativo costante e sempre su livelli più che apprezzabili. Il problema sta nel fatto che una scelta simile può potenzialmente rivelarsi vincente, ma anche parecchio rischiosa, soprattutto tenendo conto del fatto che, a parere di molti, i migliori lavori in studio di questi cinque canadesi siano da ricercare nei primi anni della loro carriera, in cui la cadenza biennale delle uscite permetteva evidentemente ai ragazzi di far fruttare al meglio le proprie idee più fresche.
Con questa premessa non vogliamo assolutamente sminuire quanto fatto dagli Striker nel periodo più recente, ma ci teniamo anzi a rassicurare gli ascoltatori che anche il nuovissimo “Play To Win” contiene ben più di uno spunto vincente per delineare un disco heavy metal di buona qualità, in grado di soddisfare una moltitudine di palati più o meno esigenti.
Da sempre il sound degli Striker attinge a piene mani dall’heavy metal vecchia scuola, adottando però delle soluzioni musicali moderne e decisamente in linea con le produzioni recenti, il che ha da sempre contribuito a farceli catalogare come una delle realtà più interessanti appartenenti alla cosiddetta new wave of traditional heavy metal. Quest’ultimo lavoro non fa differenza, aprendosi col botto sulle note di “Heart Of Lies”, il cui refrain iniziale ci ha ricordato alcune produzioni thrash metal, prima di prendere una deriva decisamente più melodica e assimilabile, condita da un guitar work orecchiabile e di classe. Allo stesso modo, la successiva “Position Of Power” mantiene alto il livello grazie a un ritornello davvero dotato della giusta presa, mentre con le rockeggianti “Head First” e “On The Run” subentra forse un leggero gusto amarognolo per via di un decollo che sembra non sopraggiungere, per quanto le linee vocali partorire dall’ugola di Dan Cleary riescano sempre e comunque a coinvolgerci, così come l’ottimo guitar work dell’accoppiata Chris Segger e Timothy Brown. Irresistibili invece le lyrics della bellissima “The Front”, dedicate a quel bisogno spasmodico delle persone di mostrarsi con una facciata diversa rispetto alla realtà, col conseguente risultato di non riuscire mai del tutto ad essere conosciuti ed apprezzati per ciò che si è davvero. La sensazione, giunti a metà disco, è quella di essere di fronte a un prodotto dotato di una forte carica di emotività, caratterizzato da delle scelte compositive forse più in linea con l’hard rock che con lo speed/heavy metal che da sempre si attribuisce agli Striker; il risultato appare più che piacevole, ma a tratti ovattato e non in grado di spiccare davvero il volo, magari stimolando adeguatamente l’adrenalina che molti sicuramente ricercheranno all’interno della tracklist. Quest’ultima non sopraggiunge del tutto nemmeno nelle battute finali, tra le quali spiccano più che altro brani relativamente lenti e con delle soluzioni da semiballad, come ad esempio la toccante, seppur grintosa, “Heavy Is The Heart” o la conclusiva “Hands Of Time”.
E’ probabile che sia stata una scelta intenzionale quella di proporre un album tendenzialmente più soft rispetto ai precedenti, decidendo di puntare più sull’empatia che sull’esaltazione vera e propria; la commistione di tutti gli elementi potrà sicuramente far felici alcuni appassionati, così come scontentarne svariati altri, probabilmente alla ricerca di qualcosa di più movimentato e fomentante. Tuttavia, è nostro dovere cercare di essere obiettivi e anche per questo ci sentiamo di promuovere quanto abbiamo avuto modo di ascoltare, dal momento che le capacità compositive si notano e la bellezza di buona parte dei pezzi non si può mettere in discussione. Vorremmo solo consigliare agli Striker di prendersi più tempo, prima di immettere sul mercato l’eventuale settimo album in studio, in modo da avvicinarsi nuovamente alla qualità e all’ispirazione che gli ha permesso qualche anno fa di fare breccia nel cuore di molti estimatori.
Con un po’ di fantasia, nulla ci vieta di pensare che se, invece di ben tre dischi, in questi ultimi tre anni la band ne avesse prodotto uno con solo gli estratti migliori, potremmo avere per le mani un possibile top album.