8.5
- Band: STRIKER
- Durata: 00:43:19
- Disponibile dal: 05/02/2016
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“Sounds that fill me with no remorse, canadian metal!”, così urlavano i Darkthrone di “F.O.A.D.” qualche anno fa. E nello stesso periodo (2007) cinque ragazzi dell’Alberta accordavano le loro chitarre, pronti a rinverdire i fasti dei gruppi tanto cari a Fenriz. Passano gli anni e gli Striker arrivano al loro quinto full length, incuranti del tempo che passa, totalmente votati all’heavy metal puro. Quanti dischi potete contare che non siano ascrivibili a nessun sottogenere? Quanti recenti? Forse gli Steelwing di “Zone Of Alienation”, gli Enforcer di “Diamonds” e gli Skull Fist di “Head Öf The Pack”. Si parla, con “Phoenix Lights”, di pieno stile NWOBHM con chitarre cristalline e la voce di Dan Cleary alta e potente, e si prosegue con la tiratissima “Out Of Blood”, e quando arriva il chorus è d’obbligo premere il tasto “pausa” e guardare il calendario. Non siamo tornati indietro nel tempo (e basterebbero i suoni a dimostrarlo), “Stand In The Fire” reca come anno d’uscita il 2016 ed i membri della band non erano neanche nati quando si suonava in questo modo. Ok, riprendiamo il “play”, andiamo avanti con l’inizio mid-tempo di “Too Late” con un riffing dal sapore vagamente americano ed un pezzo che sembra uno scontro frontale tra i Poison di “Look What The Cat Dragged In” e i Raven di “Rock Until You Drop”. Si ritorna subito a tirare con “Stand In The Fire” ed il gioco (o, se preferite, lo stile) degli Striker è ora chiaro: crossover tra generi, commistioni, elementi spiazzanti…tutte caratteristiche che ci si aspetta di trovare in band osannate dalla critica, avanguardiste e “colte”; qua invece si mescolano NWOBHM, power, thrash e hair metal, qualcosa che, sulla carta, non potrebbe che portare ad un patchwork indistinto e confuso o, nel migliore dei casi, ad uno di quei dischi festaioli tanto catchy quanto scarsi nella loro longevità. Ed invece la band canadese fa il piccolo miracolo e coniuga tutto alla perfezione: se una band come gli Ulver è un calice di bordeaux d’annata, gli Striker sono una Heineken ghiacciata in un pomeriggio estivo. Ecco, allora, “The Iron Never Lies” che sembra portarci sulle strade della San Diego dei Ratt, ma con gli Accept che si inseriscono di prepotenza. O, ancora, l’anthemica “Outlaw” che tira, spinge sull’acceleratore e picchia senza rimorso o “Locked In” che alterna il classic metal a break thrashy; ancora: il downtune di “Better Times” dal sapore speed. Insomma, ogni singola canzone è un concentrato di heavy metal degli anni Ottanta, di praticamente ogni tipo di heavy metal degli anni Ottanta. E, come se non bastasse, gli Striker sono dei fieri paladini del DIY, così si sono registrati questo disco in casa (ok, con sapienti mani al mixer, ma pur sempre in casa) ed hanno intrapreso la via dell’autoproduzione. Cos’altro dire? Se già conoscete la band, probabilmente qua troverete il loro disco migliore, se non avete mai avuto occasione di ascoltare gli Striker, fatevi un grosso regalo con quasi tre quarti d’ora di musica che è una sorta di tributo o di compendio del metal, ma – sopratutto – di musica che suona fresca, travolgente, divertente e pacchiana al punto giusto. Insomma, tre quarti d’ora di fottuto heavy metal (e perdonateci se ci lasciamo trasportare dal mood del disco).