7.5
- Band: KRE^U , STRJA , TICINUM , VRIM
- Durata: 00:55:50
- Disponibile dal: 31/10/2024
- Etichetta:
- Masked Dead Records
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Il black metal cantato in dialetto – e più o meno contaminato dal folk – non è certo una novità di questi giorni, ma ha anzi una tradizione ormai quasi trentennale, si pensi innanzitutto ad Inchiuvatu (e in generale alla ‘Mediterranean scene’), e poi all’esperienza bolognese dei Malnàtt, che nei primi anni 2000 hanno inserito ironia dissacrante e partiture di fisarmonica ad un impianto tradizionalmente black, ai veterani bergamaschi Imago Mortis o a realtà giovanissime come i friulani Unviâr.
Mosche bianche, certo, all’interno di un panorama di band che scelgono primariamente l’inglese – lingua franca incontrastata a livello mondiale del nostro tempo – e in seconda battuta l’italiano, per veicolare il proprio messaggio.
Ogni volta che si sceglie in quale lingua esprimersi infatti, si è costretti a rinunciare a qualcosa: nello specifico a raggiungere facilmente un pubblico più vasto utilizzando l’inglese, oppure a lasciare fuori qualcosa della propria identità, optando invece per l’italiano o (ancor di più) il dialetto.
Un genere ostico come il black metal va però facilmente a braccetto con lingue ‘aspre’ e poco (o nulla) comprensibili fuori dai confini nazionali: l’ascoltatore di oggi è sempre più abituato – e incuriosito – da quelle formazioni che scelgono di inserire la propria cultura nella musica anche attraverso l’utilizzo della propria lingua madre, pensiamo alle formazioni slave, al rumeno dei compianti Negură Bunget, o alle stesse lingue scandinave, spesso utilizzate accanto all’inglese.
Questo split ci regala una panoramica su quattro realtà giovani – qualcuna più acerba di altre – che hanno scelto di cantare nei rispettivi idiomi locali: Strja (dialetto veronese), Ticinum (dialetto pavese), Kre^u (lingua sarda, o meglio barbaricino) e Vrim (piemontese) si dividono equamente lo spazio su questa lavoro, che è uscito in prima battuta su cassetta, a conferma dello spirito underground che anima la collaborazione.
E dunque, sono i veneti Strja ad aprire le ostilità con un brano tellurico e ritmato che però non rinuncia ad una vena melodica spiccata, capace di unire asperità e malinconia di matrice atmospheric black, particolarmente evidente nella chitarra solista e nel rallentamento centrale, particolarmente ficcante. Sulla stessa lunghezza d’onda anche la seguente “La Siora Dei Troni E Delle Site”, forse anche più bilanciata nell’unire aggressività e melodie minimali.
Questo terzetto della pianura veronese canta di folklore locale, favole scure a cavallo tra magia, superstizione e tradizione, com’è il caso del bambino protagonista dell’opener “Instrià”, che ha la sventura di trovarsi faccia a faccia con una strega (una stria, per l’appunto).
I ragazzi, già autori di un EP omonimo, si rivelano interessanti e l’unico appunto che ci sentiamo di fare loro riguarda la produzione, da migliorare per dare profondità alle composizioni e intelligibilità a strumenti e voce, senza per questo sacrificare la crudezza del suono, che ben si addice alla loro proposta.
Ci spostiamo poi idealmente in Lombardia con i Ticinum, che con il loro debutto “A’ La Porta Di Cént Tùr” hanno dato uno scossone allo stagnante panorama folk/black italiano, spesso cristallizzato in formule già sentite e fortemente debitrici degli stilemi scandinavi.
Al contrario, il quintetto pavese sembra aver trovato da subito la propria dimensione in composizioni dallo spiccato gusto medievale, melodiche, accattivanti e davvero ben riuscite, a fronte di testi legati chiaramente al folklore locale.
Questi nuovi brani non fanno che confermare quanto di buono fatto finora, mostrandoci l’intera band compatta ed ispirata: spiccano le partiture folk e il basso dell’incipit di “La Cacia Ad Godan”, un pezzo sugli scudi che si apre in un gustoso assolo di chitarra, mentre “Pavia Brusa, La Stria” ha – se possibile – toni ancora più epici e belligeranti, pur conservando naturalmente intatta la vena melodica che anima i Ticinum. Sicuramente i più completi e a fuoco del lotto.
Continuiamo a spostarci ad ovest, ma questa volta abbandoniamo la penisola, e con i Kre^u approdiamo nei dintorni di Nuoro. La formazione sarda, che ha debuttato lo scorso anno con un full-length omonimo, propone un black metal melodico ricco di cambi di tempo e dalle strutture piuttosto complesse, quasi avant-garde, complici le aperture melodiche – con voce pulita – che guardano all’antica tradizione musicale dell’isola: perfetta in questo senso “Accabbadòra”, mentre “Ma^iardzas” rivela un tiro notevole e un bel lavoro di chitarra solista.
Entrambi i pezzi riescono a veicolare efficacemente l’idea di aspra fierezza di una popolazione che tiene particolarmente alla propria indipendenza, un concetto alla base di questo progetto del mastermind Brusiòre (voce, chitarra, basso e mandolino).
Torniamo sul continente e saliamo tra le montagne del Piemonte con i Vrim: anche loro hanno un disco all’attivo, il debutto “Diciarassion Ed Guera E Grinfor”, rispetto al quale i due pezzi inclusi in questo split si pongono in sicura continuità stilistica.
Il duo piemontese è autore di un black metal dalle tinte fosche quanto epiche, ‘vecchia scuola’ eppure aperto a contaminazioni atmosferiche e ad una scrittura a tratti più moderna. Brani lunghi e intensi, con un cantato abrasivo ma abbastanza intelligibile, il primo dei quali – “Ij Lìngher Vendicator” – richiama alla memoria la lunga tradizione magica di quelle zone, e il violento intervento repressivo dell’Inquisizione. Particolarmente incisiva la successiva “L’òra Ant El Kali-Yuga”, dall’incedere anthemico e bellicoso, che chiude degnamente questa compilation.
In definitiva siamo davanti ad un’operazione lodevole, che getta luce su quattro realtà underground dall’identità forte, che meritano di essere scoperte ed approfondite, progetti nati recentemente che regalano nuova linfa al metal estremo italiano.