8.0
- Band: STROSZEK
- Durata: 00:41:03
- Disponibile dal: 15/12/2023
- Etichetta:
- Hypnotic Dirge Records
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Per chi non se lo ricordasse, visti i molti anni di pausa, Stroszek è il progetto di Claudio Alcara, chitarrista storico dei black metaller Frostmoon Eclipse. Tutto è nato a metà anni Duemila, quando i Frostmoon Eclipse sentirono l’esigenza di pubblicare un disco tutto acustico, quel “Dead And Forever Gone” che, a parere di chi scrive, riusciva a difendersi benissimo in un campionato frequentato da gente come Green Carnation, Borknagar e altri musicisti estremi che in quegli anni si riscoprivano acustici e intimisti. Dopo alcune apprezzabili uscite tra il 2007 e il 2013, sul progetto era calato un po’ il silenzio e siamo quindi felici di ritrovarlo nel 2023 con una serie di ristampe e un nuovo prodotto.
Stroszek, già dal proprio nome – mutuato dalla tristissima pellicola di Werner Herzog – non lascia dubbi sulla proposta: musica intimista, quasi tutta acustica, prevalentemente grigia nell’anima. Il protagonista è Alcara stesso, accompagnato a volte da batteria (suonata dal compagno musicale di una vita Gionata Potenti, di recente alla ribalta con Nubivagant e Darvaza), un po’ di basso e radi accenni elettronici. Il risultato è vario e molto interessante, forse anche perché Alcara non ha uno stile preciso e univoco, ma si muove attraverso suggestioni e influenze differenti. C’è sicuramente tutto il genere dell’Americana, soprattutto in “Guess What” e “Wasn’t Really Gone”, il folk rock della cover dei Walkabouts “The Stoppin’ Off Places”, il dark rock, il neofolk e perfino rock acustico di certi Opeth e Green Carnation (la canzone di apertura “Awkward”): se siete perciò in grado di sostenere musica che spazia da Of The Wand And The Moon ai Days Of The New, da Tom Waits a Johnny Cash, e state cercando più uno stato mentale che un genere musicale, Alcara è realmente in grado di trasportare l’ascoltatore in viaggi lenti, sognanti e non eccessivamente tetri.
“About All The Bad Days In The World” è strutturalmente questo, un viaggio con umori diversi che rimane prepotentemente intimista in alcuni frangenti, mentre in altri, come la conclusiva “The Beast Who Dreams Of Man”, si scopre capace di essere più corale e raffinato nella costruzione e nell’arrangiamento. Ciò che manca, ora come ora, è a nostro avviso un approccio vocale più consistente: Alcara stesso, con il suo tono sussurrato e volutamente basso, è adeguato e si ritrova a splendere ad esempio in “Fall Of ‘94”, ma, quando sentiamo Henri Koivula degli Shape Of Despair impreziosire “Sidetracked”, ci rendiamo conto che forse, con un ulteriore lavoro sulle voci, potremmo essere davvero davanti a qualcosa di monumentale. Speriamo comunque che Stroszek sia tornato per restare.