7.0
- Band: STRUNG OUT
- Durata: 00:44:33
- Disponibile dal: 02/11/2004
- Etichetta:
- Fat Wreck
- Distributore: Venus
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Gli anni passano ma gli Strung Out non mostrano alcun tipo di cedimento e trovano anzi anche la voglia di provare cose nuove e di evolversi! Da tempo infatti i nostri non sono più una semplice band punk-hardcore, la loro musica col tempo ha incorporato influenze metal e rock, gli arrangiamenti si sono fatti molto più sofisticati e le strutture delle song assai più complesse. “Exile In Oblivion” ovviamente segue queste coordinate e per certi versi le amplia, finendo per risultare il più che naturale seguito del notevole predecessore “An American Paradox” e mettendo in mostra un approccio se possibile ancora più tecnico e metallico pur non tralasciando la fondamentale componente melodica e dando il giusto spazio ai ritornelli (quasi sempre memorabili) e alle vocals energiche ma rigorosamente pulite dell’ottimo singer Jason Cruz (responsabile anche di tutti i testi – bellissimi – e in parte dell’intrigante artwork). Le chitarre sono pesanti come mai prima d’ora, il numero di riff inseriti in ogni singola composizione è davvero elevato così come ovviamente la loro qualità, il drumming di Jordan Burns è qualcosa di spettacolare e il tutto è elevato all’ennesima potenza dalla magistrale produzione di Matt Hyde (Slayer). “Exile In Oblivion” si rivela nel complesso un disco dunque veramente ben fatto! L’unica vera pecca, purtroppo non piccolissima, è che la parte centrale della tracklist presenta tre-quattro brani non brutti ma piuttosto scontati, sicuramente i peggiori del cd, posti uno in fila all’altro: brani che fanno calare irrimediabilmente la tensione e l’esaltazione dell’ascoltatore. Dall’opener “Analog” a “Angeldust” il quintetto infatti ci offre senza ombra di dubbio quanto di meglio sia riuscito a produrre nel corso degli ultimi anni, poi purtroppo la luce si spegne e questa viene riaccesa solo a partire da “Never Speak Again”. Da questa song in poi, fino alla conclusione, si torna letteralmente a godere ma purtroppo un po’ di amarezza rimane: se gli Strung Out avessero incluso nella tracklist qualche brano in meno ora saremmo al cospetto di un vero masterpiece. A causa di ciò quindi il voto che siamo costretti ad affibbiare loro è solamente un sette (ma aggiungete un ‘+’!). “Exile In Oblivion” è però un disco fantastico per più di tre quarti, l’ennesima dimostrazione della bravura e dell’inventiva di questa formazione. Cercate assolutamente di ascoltarlo e speriamo che la prossima volta il gruppo faccia le cose in grande dall’inizio alla fine!