7.0
- Band: STYGIAN CROWN
- Durata: 00:43:39
- Disponibile dal: 23/02/2024
- Etichetta:
- Cruz Del Sur Music
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Normalmente, (soprattutto) chi suona doom metal si prende tutto il tempo necessario per costruire le singole canzoni o un intero album: è come se la musica suonata richiedesse un rallentamento fisiologico, e in un mondo sempre più lanciato a velocità folli questo inevitabilmente salta all’occhio.
Per carità, nel caso degli americani Stygian Crown stiamo parlando ‘solo’ di quattro anni – tanto infatti è passato dall’esordio omonimo a questo nuovo “Funeral For A King” – ma è comunque un discreto lasso di tempo, che la band ha impiegato per rinforzare le proprie ossa e mettere su un po’ di muscoli: li avevamo infatti lasciati con un discreto debutto, dove però si percepiva ancora qualche frizione in sede di scrittura dei brani, soprattutto nel raccordo tra le proprie ispirazioni (a cavallo tra l’epicità quadrata Bolth Thrower e doom classicheggiante vecchia scuola).
Li ritroviamo, con questa seconda uscita, invero cresciuti: Melissa Pinion e compagni sembrano aver lavorato a testa bassa di scalpello e cesello, oliando gli ingranaggi più rugginosi e rafforzando i propri punti di forza, sempre sotto l’egida attenta di Cruz Del Sur.
Il risultato sono quarantatrè minuti di riff cadenzati e scale epiche, martellamenti pesanti e passaggi più squisitamente heavy metal, capaci di far squagliare in un brodo di giuggiole chi è alla ricerca di ‘suoni vecchi in musica nuova’: fin dall’iniziale title-track, una cavalcata imperiosa giusto per mettere le cose in chiaro dall’inizio, passando per “The Bargain” (tra gli episodi migliori del lotto, in cui chitarre e sezione ritmica si trasformano in un ariete di sfondamento), tutto il disco mostra una formazione in crescita, forse ancora un po’ troppo ancorata a determinati stilemi (un certo modo di decelerare nel ritmo, cercando di risultare trionfali, portato a livelli di eccellenza dai Candlemass dell’epoca d’oro, ad esempio, funziona se non riproposto troppo di frequente o con la stessa impostazione, come invece qui talvolta succede) ma tenace nella propria volontà di suonare questo tipo di musica senza diluire troppo il proprio nucleo.
Le coriacee “Scourge Of The Seven Hills”, “Where The Candle Always Burn” e “Beauty And Terror” e possono essere viste come esempi in questo senso: tre pezzi che non ci mettono molto a portarci indietro di qualche decennio e che siamo sicuri faranno muovere più di qualche testa a tempo nell’ascolto, in cui il lascito di Gavin Ward e commilitoni viene preso, mescolato con “Epicus Doomicus Metallicus” e sintetizzato in una lega solida e compatta, la cui consistenza è ben evidente ad esempio nella finale “Strait Of Messina” (i cui ultimi cinque secondi nascondono un non troppo velato omaggio ai Maiden).
L’unico episodio che si discosta un po’ dal resto è “Blood Red Eyes”, in cui piano e violino sostengono le tonalità calde della voce di Pinion in un momento quasi da ballad, vagamente emozionale e soprattutto in grado di risultare ‘eroico’ anche senza riffoni o colpi di pedale; se era un esperimento, è ben riuscito.
Dopo vari ascolti questo lavoro risulta un po’ appesantito da una leggera coltre di monotonia (tipica in realtà di questa particolare declinazione di metal e da un certo punto di vista quasi un punto di forza, se lavorata con perizia), ma siamo sicuri che, se siete appassionati del genere, “Funeral For A King” soggiornerà non poco nei vostri stereo.
Rimane la curiosità di vedere il quintetto losangelino dal vivo, perchè è lì che il doom metal polveroso, trionfale e classicheggiante acquista ancora più corpo e impatto (oppure no): speriamo di averne presto occasione.