7.5
- Band: STYX
- Durata: 00:43:11
- Disponibile dal: 18/06/2021
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Cinquant’anni di lunga ed onorata carriera e non sentirli affatto; gli Styx ritornano sul mercato con un nuovo disco dalla classe cristallina, la stessa che ha sempre contraddistinto ogni pubblicazione del gruppo di Chicago a partire dagli anni Settanta. Grandi interpreti del cosiddetto ‘arena rock’, che si confermano ai massimi livelli con questo nuovo “Crash Of The Crown”, lavoro che arriva a quattro anni di distanza dal precedente “The Mission”, e sviluppato attraverso brani che seguono, nell’insieme, una stessa linea di congiunzione, in una sorta di concept album da ascoltare senza soste dalla prima all’ultima nota. Canzoni che si muovono con sapienza tra sonorità prog rock ed AOR, esplorando quel classico stile che ha reso grande la band, ma spingendosi oltre grazie alla presenza di cori maestosi e brani complessi, maggiormente progressivi rispetto al passato.
E’ un Tommy Shaw, voce e chitarra, in grandissima forma a prendere le redini della band per quanto riguarda il songwriting, andando a porre la propria firma su ogni pezzo del disco – spesso in collaborazione con altri membri della band – ed è da segnalare l’ingresso in formazione del nuovo chitarrista Will Evankovich (The Guess Who).
Basso e tastiere si muovono all’unisono per dare il via al disco, con i cori che prendono subito il sopravvento grazie alla breve “The Fight of Our Lives”, pezzo al quale bastano due minuti intensi per far intendere quanto il gruppo americano sia altamente ispirato. Il sound progressivo si sviluppa attraverso melodie calde e cambi di atmosfere che caratterizzano la favolosa “A Monster”, manifesto indiscusso dell’intero full-length. Eccelso, alle pelli, il lavoro del batterista Todd Sucherman, al quale si affiancano melodie raffinate ed uno splendido assolo di chitarra finale. La semiacustica “Reveries” si muove con equilibrio danzando su quelle sonorità a cavallo tra AOR e prog tanto care ai Toto, mentre le atmosfere malinconiche di “Hold Back The Darkness” riescono a far vibrare il cuore dell’ascoltatore grazie all’interpretazione eccelsa di Tommy al microfono.
La vivace “Save Us From Ourselves” risplende attraverso linee vocali intriganti, lasciando spazio alla titletrack, dove vengono esplorati ritmi funky aprendo la via alla splendida ballata acustica “Our Wonderful Lives”. Si ritorna a navigare su sonorità più classicamente progressive con “Common Ground” e “Long Live The King” ed è nel finale che le atmosfere maggiormente pompose e sinfoniche si fanno più vive con l’accoppiata “Another Farewell” e “Stream”.
Un po’ come i grandi Kansas, che lo scorso anno dipinsero l’annata prog rock con quel gran lavoro che fu “The Absence of Presence”, questa volta è il turno degli Styx grazie a questo ispirato “Crash Of The Crown”; intramontabili mostri sacri dalla classe infinita ed indiscutibile.