6.0
- Band: SUICIDAL ANGELS
- Durata: 00:43:01
- Disponibile dal: 27/01/2012
- Etichetta:
- Noiseart Records
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Tornano gli adepti ellenici del sacro culto di Araya, religione diffusasi negli anni Ottanta e seguita e professata da migliaia di thrash metal band. I Suicidal Angels, nati in Grecia nel 2001, hanno saputo, lentamente e pazientemente, lastricare la propria strada verso quello che è ufficialmente il loro quinto lavoro, questo “Bloodbath” che tanto delizierà i padiglioni auricolari di coloro che ancora indossano jeans elasticizzati, polsini e scarpe da ginnastica bianche. L’ironica introduzione proseguirebbe spietata ed impietosa verso una stroncatura senza precedenti verso questa band, rea di ispirarsi in modo assolutamente sfacciato alla band di Lombardo & Company, ma… esiste un “ma”, i nostri prodi greci suonano con tale audacia e sicumera da meritare comunque un plauso ed un attento e rispettoso ascolto. Un thrash metal dannatamente ottantiano è quello che ci propongono questi “Angeli” (ormai lo avrete capito), chiaramente e fortemente debitore dei sopracitati Slayer, oltre che dei Sepultura di “Schizophrenia” e dei troppo presto dimenticati Sacred Reich. La riproposizione di certe sonorità, di certe lezioni imparate a suon di walkman e cuffie, non sarebbe una cosa negativa se fosse stata assorbita e rielaborata in modo più attuale e competitivo; quello che infastidisce, quanto sconvolge, non è solo l’eseguire riff già composti e suonati sui palchi di tutto il mondo, ma tanto il mood, l’atteggiamento ed i mille dettagli che rischiano di trasformare una band comunque valida in un inutile clone. Il “remake” delle sonorità che tanto hanno portato fortuna alla coppia Hanneman/King non si ferma solo ai primi indiscussi capolavori della band losangelina, ma prosegue riproponendo in toto l’evoluzione sonora dei quattro “uccisori”, dall’approccio maggiormente hardcore di “Face Of God”, a brani maggiormente cadenzati (con pattern di batteria sui quali Lombardo dovrebbe mettere un copyright) che ricordano, come nel caso di “Bleeding Cries”, un brano-capolavoro come “Seasons In The Abyss”. I metallici greci provano, ad onor del vero, ad inserire elementi finalmente distanti dallo Slayer-sound, come nel caso di “Legacy Of Pain”, dove il buon Nick canta in modo decisamente più aggressivo, avvicinandosi ad un grezzo growiling, così come nell’episodio intitolato “Torment Payback”, brano dalle sonorità maggiormente nord-europee e fiero possessore di un solo sicuramente notevole, dove tecnica e melodia si fondono dimostrando (finalmente!) un po di personalità. Concludendo, che dire dunque di questi quattro guerrieri ellenici? Sicuramente un disco piacevole, ma destinato solo ed esclusivamente ai nostalgici, che ci fa rammaricare nel contemplare il fatto che, rischiando poco di più, i Nostri avrebbero potuto sfornare un lavoro che si sarebbe ritagliato un piccolo, ma comunque dignitoso posto al sole.