7.5
- Band: SUICIDAL CAUSTICITY
- Durata: 00:39:39
- Disponibile dal: 27/05/2013
- Etichetta:
- Ghastly Music Records
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Dev’essere un fatto di penisole. La Florida è una penisola, la Scandinavia pure. Anche l’Italia lo è, e pare proprio che il disagio si sia esteso anche a lei: dopo un periodo d’incubazione, in cui germi dal nome di Electrocution e Antropofagus iniziavano la loro proliferazione, dopo un periodo in cui l’infezione cominciava a preoccupare per colpa di gente come Gory Blister e Hour Of Penance, siamo arrivati alla patologia manifesta, con l’esplosione finale dei sintomi più caratterizzanti. Non c’è dunque “belclima” o “belpaese” che tengano, alla fine anche l’Italia è stata colpita a morte dall’epidemia del death metal. Tutte le città italiane mostrano segni evidenti dell’avanzamento del morbo: Firenze non è da meno e, dopo i Sickening (già visti su queste pagine), ci offre un saggio del suo male attraverso i Suicidal Causticity, fautori di un death metal assolutamente “ignorante” e, nella forma, assai più classico di quanto proposto dai loro citati concittadini. Per quanto la musica proposta sia quadrata e rocciosa, particolarmente i riff (che definiremmo sempre “percussivi”), una delle cose che subito salta all’orecchio è la caratura tecnica del gruppo: tutti i musicisti offrono una prestazione superiore ma, al contempo, lontana dal puro onanismo strumentale, visto che il gruppo sa esattamente cosa fare e come realizzarlo al meglio: in tale contesto, un particolare plauso va mosso alla sezione ritmica, per l’uso chirurgico del doppio pedale e per la prova del bassista Dario Lastrucci, che (quasi quasi) ci ha ricordato Steve Di Giorgio…Chapeau! Un altro importante aspetto positivo risiede nella scrittura dei pezzi: benché la formula compositiva sia abbastanza compatta, e quindi sia ben definita l’identità base di tutte le canzoni, la perizia del gruppo permette di ottenerne tutte quelle variazioni tematiche (talvolta inaspettate!) che conferiscono efficacia e vanno a stimolare l’interesse dell’ascoltatore; più che un concetto ritmico dominante, ad esempio, c’è vera e propria disinvoltura nel passare da pezzi sparatissimi, come la titletrack, a pezzi come “Incest With The Dead”, di maggior groove e, da qualche parte nella testa degli autori, pure melodico, completato da efficaci ripartenze e cambi di tempo (per noi uno degli episodi migliori di tutto “The Spiritual Decline”). Altri pezzi che vi suggeriamo sono “Excised And Infibulated”, per la sua bella linea vocale dalla metrica isterica, e “Eradication Of The Future Progeny”, in cui potrete scorgere altre derive melodiche, più o meno “criptate”. Il risultato complessivo di tanto sforzo è, dunque, un insieme di canzoni decisamente ben strutturate da un gruppo cui non fa difetto la personalità, scorrevoli nell’ascolto nonostante una certa complessità e corredate di tutto quello che rende felice il consumatore regolare di death metal: di certo non vi annoierete con “The Spiritual Decline”! Per fanatici della scena americana? Diciamo pure di quella italiana.
PS: L’unico appunto che ci sentiamo di muovere riguarda il suono dell’album, che tende ad essere un poco piatto, ma è comunque un peccato veniale, perché sappiamo bene come band del genere non dispongano di budget illimitati.