6.0
- Band: SUICIDE SILENCE
- Durata: 00:44:03
- Disponibile dal: 22/02/2008
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: EMI
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Purtroppo per loro, i Suicide Silence forniscono con il full-length di debutto “The Cleansing” un assist a tutti i loro detrattori e a chi guarda con sospetto e/o disprezzo le band che ultimamente “fanno fortuna” su MySpace. Il giovanissimo quintetto death-core californiano – balzato agli onori della cronaca grazie all’intensità e all’incredibile efficacia di un passaparola nato sulla nota community online – ha fatto ben poca fatica a procurarsi un contratto con una grossa etichetta come la Century Media, ma, quando si è trattato di dimostrare il suo effettivo valore sulla lunga distanza, è inciampato in una serie di ingenuità dovute, come ovvio, alla giovane età e alla scarsa esperienza sin qui accumulata in materia di songwriting. “The Cleansing” non è un pessimo disco, questo sia subito chiaro. Se si considera la produzione, ad esempio, merita un voto davvero alto. Il materiale è infatti stato registrato live e successivamente mixato da Tue Madsen, per un risultato finale di una crudezza e di una violenza notevolissime! Prendiamo poi i primi brani della tracklist: le strutture funzionano, i riff e l’impatto ci sono. L’ascolto, insomma, procede senza intoppi e risulta anche piacevole. E’ con il passare dei minuti che la formula del gruppo – “attacco death metal/breakdown sludge o metal-core” – inizia a mostrare tutti i suoi limiti. Superate le prime tre/quattro canzoni, il songwriting si fa troppo altalenante e ripetitivo. Da un lato abbiamo dei riff che a volte riusciamo a stento a definire tali: trattasi infatti di un ronzio o di un ammasso di note esageratamente caotico che più che a costruire qualcosa sembra essere stato messo lì per fungere da pausa fra vari breakdown. Dall’altro, un’ossessione per le suddette aperture groovy che fa persino sorridere… sono talmente quadrate e monotone che paiono essere state realizzate con lo stampino. C’è da dire che tutta questa violenza a tratti insensata riesce anche a generare un certo fascino, tuttavia portare a termine in un sol colpo l’ascolto dell’intero disco comporta davvero uno sforzo ragguardevole. Per un paio d’anni i Suicide Silence hanno campato su un EP di cinque tracce, divulgato per lo più online, che li ha miracolosamente portati a diventare dei piccoli fenomeni. Ma, una volta alle prese con un full-length, non si sono dimostrati del tutto capaci di modificare la loro formula e di adattarla alle esigenze che un lavoro di questo tipo richiede. Si può martellare l’ascoltatore nella stessa maniera per un quarto d’ora e avere anche successo, ma è inconcepibile pretendere di farlo per 44 minuti senza annoiare. Alcune buone idee e potenzialità si vedono (un album con pezzi sulla scia di “Unanswered” o “Bludgeoned To Death”, con l’aggiunta di qualche variazione, funzionerebbe), però tutto deve essere ancora sviluppato a pieno. La sfida con gli amici/rivali Job For A Cowboy viene vinta da questi ultimi.