7.5
- Band: SUIDAKRA
- Durata: 00:41:18
- Disponibile dal: 23/02/2009
- Etichetta:
- Wacken Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
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In un periodo in cui il folk-metal esalta, deprime e soprattutto divide le diverse fazioni di pubblico metallico, gli esperti teutonici Suidakra tornano in carreggiata con un disco che conferma la loro bontà nel genere, sempre che quest’ultimo non lo si ascolti con orecchie prevenute. Troppe band infatti, in primis finlandesi, sono spuntate come funghi in questi ultimi anni, pronte a seguire a capicollo il successo humppa dei Finntroll, aiutate peraltro dalla lungimiranza (???) delle etichette di grido nel fiutare possibili galline dalle uova d’oro per poi pomparle a dovere sul mercato. Ebbene, al nono lavoro in studio, la formazione di Arkadius Antonik – ora un semplice terzetto d’assalto – ci arriva a ricordare come il vero folk-pagan metal non sia composto solo da allegre canzonette che narrano di bevute e grigliate in aperta campagna, ma piuttosto di gesta epiche e guerresche, oscure e commoventi. Come sempre al crocevia tra death metal melodico stile primi In Flames, le melodie acustiche senza tempo dei migliori Blind Guardian, il tocco celtico dei seminali Skyclad e – novità dell’ultima ora – qualche groove moderno la cui struttura può addirittura rammentare gli As I Lay Dying, i Suidakra non rivoluzionano affatto il proprio sound ma ci offrono un lavoro fresco, assolutamente piacevole, compatto e a tratti esaltante: lungo il giusto per non diventare tedioso e ripetitivo, “Crogacht” si dipana attraverso una tracklist avvincente, carica di episodi che vi faranno tornare indietro nel tempo per rivivere le gesta del leggendario eroe Cuchulainn e di suo figlio Conlaoch, immortalati in uno dei racconti più drammatici della mitologia irlandese. Le melodie che imperversano per tutto il platter sono sempre memorabili, ricche di quella nostalgica e cavalleresca atmosfera che rende affascinante il genere folk: basta ascoltare la ballata per voce femminile “Feats Of War” o le due strumentali “Slan” e “Ar Nasc Fola” per rievocare immagini e visioni del tempo che fu, salvo poi rimettersi l’armatura e gettarsi nella mischia durante brani tellurici quali “Shattering Swords”, “Conlaoch” e “Scathach”; più strutturate invece “Isle Of Skye”, “Baile’s Strand” e “Gilded Oars”, che vantano la partecipazione di un coro da 16 elementi e diversi cambi di tempo e atmosfera al proprio interno. Da segnalare l’ottima performance dell’ospite Axel Romer alla cornamusa e al tin whistle. Insomma, “Crogacht” (‘coraggio’ in gaelico) certo non è un disco fondamentale da possedere, ma per chi apprezza il genere può benissimo diventarlo; inoltre, ci piace metterlo in evidenza anche per rendere omaggio ad una band che da anni porta avanti un discorso caparbio e mai deludente, spesso sottovalutata o non considerata. Altro che Korpiklaani…