7.0
- Band: SULPHUR AND MERCURY
- Durata: 00:23:09
- Disponibile dal: 12/04/2024
- Etichetta:
- Time To Kill Records
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Creatura multiforme, questo ‘supergruppo’ per quattro quinti italiano, formato da alcuni veterani della scena (più e meno) estrema del nostro Paese, e dall’americano Jason Netherton (Misery Index, ex Dying Fetus) alla voce.
Proprio quest’ultimo ha dato vita, insieme al chitarrista Francesco Conte (Nero Omega, già Klimt 1918 e session per Spiritual Front), ai Sulphur And Mercury, con l’espresso intento di far rivivere lo spirito dell’heavy metal più cupo e luciferino degli anni ‘80; completano la formazione Marco Mastrobuono al basso (Hour Of Penance, tra gli altri) e Dario Casabona al basso (già Schizo e Haunted).
I quattro musicisti, che fanno dell’antica e suggestiva Cerveteri il proprio quartier generale, ci presentano, come da loro dichiarato, una manciata di brani che sono una dichiarazione d’amore per Mercyful Fate, Celtic Frost, Satan (dei quali propongono la cover della stradaiola “Heads Will Roll”, tratta dal primissimo demo della band di Newcastle), Sabbat (inglesi), ma anche primi Slayer e Mortuary Drape, insieme a tutti i gruppi che hanno marchiato a fuoco l’adolescenza di moltissimi metallari, muovendosi tra NWOBHM, thrash, ‘proto’-black metal e heavy metal con una connotazione occulta.
Questa ‘formula’ non ha nulla di particolarmente sconvolgente, ma a fare la differenza, in termini di interesse e di esito finale sono – chiaramente – le personalità coinvolte e il loro personale background artistico, che si compone in buona parte di esperienze musicali molto diverse tra loro, dal doom anni ‘70 al death/grindcore.
Ecco che, nonostante questo “Alchemia Prophetica” poggi su solide basi heavy/thrash anni ‘80, si avvertono qua e là influenze diverse: è il caso di “Invoke The Adversary (Pugnali Di Megiddo)”, che pur dovendo molto – non a caso – all’incedere minaccioso di “Dawn Of Megiddo” di Tom G. Warrior, inserisce tocchi personali che guardano al dark sound italiano. Qui registriamo anche un ottima prestazione dietro al microfono di Netherton, che si dimostra incisivo e persino vario, grazie all’inserimento di partiture in scream, in contrapposizione al suo usuale timbro basso e gutturale. La sua voce è un po’ croce e delizia del disco, in quanto il suo approccio decisamente brutale – benché sicuramente più melodico e intelligibile rispetto alle prestazioni nei Misery Index – dona una sferzata alle composizioni, ma non funziona perfettamente in tutti i passaggi.
Per il resto le canzoni girano bene, ed esperienza e perizia tecnica si fanno sentire; fantasiose benché ultra classiche le chitarre di Conte, delle quali facciamo volentieri una scorpacciata, e azzeccato il contributo in qualità di ospite di Freddy Delirio (tastierista dei Death SS), che dona ulteriori sfumature alle composizioni.
Ricordiamo a questo proposito “Entombed In Necrodust”, aggressiva e sugli scudi, con un rallentamento centrale doomeggiante e un’aura maligna e luciferina, il pezzo migliore del disco.
Insomma, al netto di qualche criticità e delle marcate influenze che permeano l’intero lavoro, abbiamo per le mani una miscela alchemica godibile, consigliata a chi non si è mai stancato di queste sonorità (e come si potrebbe, del resto?) e a chi è curioso di ascoltare il frutto di questa inedita line-up.