7.5
- Band: SUM 41
- Durata: 00:37:43
- Disponibile dal: 10/07/2016
- Etichetta:
- Hopeless Records
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Nell’anno del pop-punk revival – con i ritorni di Blink-182, Good Charlotte, Green Day e Simple Plan -, non potevano certo mancare all’appello i Sum 41, fermi discograficamente dal lontano 2011 (anno del non trascendentale “Scream Bloody Murder”), cui sono seguiti l’abbandono dello storico batterista Jocz e, soprattutto, il tracollo del frontman Deryck Whibley, ricoverato in ospedale per abuso di alcol. Invece, dopo aver toccato il fondo, l’ex-marito di Avril Lavigne ha trovato la forza di rialzarsi proprio nella musica, componendo l’album più autobiografico e oscuro nella discografia (basta vedere in proposito come la parole ‘morte’ ricorre nei titoli), nonché il miglior lavoro da una dozzina d’anni a questa parte. Complice il rientro in formazione del figliol prodigo Dave Baksh – da sempre anima metallara del gruppo, e non a caso fuori dalla band dai tempi di “Chuck” – e l’ingresso del talentuoso batterista Frank Zummo (in arrivo dagli Street Drum Corps), “13 Voices” suona come un’ideale via di mezzo tra “Does Look Infected” e “Scream Bloody Murder”, riportando in auge quella contaminazione pop-punk-metal che è stata per anni il loro trademark distintivo. Emblematica in questo senso la partenza affidata, dopo l’intro “A Murder of Crows”, alla potentssima “Goddamn I’m Dead Again” – con un assolo di 2 minuti a tre asce che fa tanto Iron Maiden – e all’altrettanto incisiva “Fake My Own Death”; ma anche quando le atmosfere si fanno più dilatate, come in occasione del mid-tempo “Breaking The Chain”, la formazione canadese dimostra di saper toccare le giuste corde dell’anima, con un arrangiamento da video ispirazionale perfettamente amalgamato con la potenza ritmica della nuova formazione a cinque punte. La parte centrale della tracklist si muove sulle stesse coordinate, alternando pezzi più tirati (“There Will Be Blood”, la title-track) ad altri un po’ più rilassati (“War”), mentre nel finale c’è una brusca inversione di tendenza, con le influenze più classicamente heavy che lasciano il posto a sonorità più moderne, nello specifico accostabili ai Linkin Park di “Minutes To Midnight”. Se in “God Save Us All (Death to POP)” sembra proprio ci sia DJ Hahn dietro la console, anche “The Fall and the Rise” e l’attacco della conclusiva “Twisted By Design” si avvicinano a Chester e soci, con un riffing più aperto, l’uso massiccio dell’elettronica e qualche parte rappata. Per i fortunati possessori della deluze edition, da segnalare la presenza di due bonus track (“Bette Days” e “Black Eyes”) che non avrebbero sfigurato nell’edizione regolare, mentre le due versioni acustiche di “War” e “Breaking The Chain” non aggiungono molto. Chi si ricorda di loro per le colonne sonore di American Pie o il video su MTV con Kerry King probabilmente avrà modo di conoscere un lato nuovo, mentre per chi è rimasto legato a DTLI e “Chuck” , “13 Voices” è l’ideale continuazione.