7.5
- Band: SUNPOCRISY
- Durata: 00:37:14
- Disponibile dal: //2009
Avevamo scoperto i Sunpocrisy, giovane band bresciana, in occasione del Kolony Metal Fest – headliner i grandiosi Ahab – del novembre scorso: il quartetto nostrano aveva aperto la kermesse e ci aveva decisamente ben impressionato grazie al proprio progressive death metal ricercato e raffinato. Ora, ricevuto l’EP autoprodotto “Atman”, debutto discografico dei Sunpocrisy, non possiamo far altro che confermare le ottime sensazioni che ci avevano pervaso all’epoca del concerto: “Atman” contiene quattro pezzi e dura ben trentasette minuti, in piena tradizione prog-death, minuti durante i quali tutta la fantasia, la capacità e l’intensità della formazione vengono fuori alla grande! La produzione non è roboante, né pompata, ma potente e vagamente dimessa quel tanto che basta per dare al lavoro un delizioso tocco underground. Quando si parla di death metal progressivo i nomi che si vanno a citare sono più o meno sempre i soliti, e quindi Opeth e Cynic la fanno da padrone nei rimandi che “Atman” fa sovvenire alla mente; ma poi anche Isis, Tool e Between The Buried And Me fanno capolino tra le influenze dei bresciani, segnando indelebilmente un songwriting non innovativo ma certo maturo e già alquanto personale. La maestosa suite d’apertura “Aeon’s Samsara” è uno dei pezzi più emozionanti che chi scrive ha ascoltato ultimamente, undici minuti di musica sfaccettata ed eterogenea che però si risolve in un’organicità strabiliante. Agli antipodi dell’opener segue “Aprosdoketon”, traccia sempre vivace e dinamica, avvolta in un groove a tratti letteralmente trascinante. Leggermente inferiori risultano essere le successive “Insanity’s Glove” e “This Illusion”, pur trattandosi di composizioni strutturate benissimo ed in grado di ammaliare qualsiasi amante delle sonorità estreme ma progressive. Fa piacere sentire un vocalist giovane, Jonathan Panada, riuscire ad interpretare le sue parti senza sbavature, spaziando agilmente dal growl profondo al canto a cappella, peraltro in un inglese già esportabile. Le sezioni che il sottoscritto apprezza di più sono quelle in cui i Sunpocrisy si lanciano in cavalcate techno-death melodiche sensazionali, ma in questo “Atman” – fidatevi – tutto pare essere fatto bene e messo al posto giusto. Speriamo con tutto il cuore di vederli presto sotto contratto per qualche etichetta seria, la bravura non si discute. Cercateli!