8.5
- Band: SUNPOCRISY
- Durata: 01:10:33
- Disponibile dal: 01/11/2015
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“This painless sacrifice is not the end”
Finalmente sono tornati i Sunpocrisy. Finalmente. Attesi da più parti all’ostico varco del secondo album – solitamente quello della conferma – i ragazzi bresciani si ripresentano su questi schermi con un altro lavoro-monstre che, senza dubbi e senza remore di sorta, li conferma al vertice della scena post- italiana, aprendogli ampi spiragli esteri e facendogli valicare il più possibile, o almeno lo si spera, confini di genere, in modo che la loro avvincente proposta possa uscire un pochetto dal comunque florido sottobosco dell’underground tricolore. “Eyegasm, Hallelujah!” è dunque il titolo del degnissimo successore di quel capolavoro infinito che fu (che è!) “Samaroid Dioramas”: ancora autoprodotto completamente dai Nostri, ancora registrato all’ottimale Studio 73 di Riccardo Pasini dei Void Of Sleep, ma stavolta masterizzato negli States da Collin Jordan, il secondo full dei Sunpocrisy è la naturale progressione/evoluzione del suono della compagine lombarda, già abile tre anni fa ad incanalare le proprie velleità artistiche in un progressive-post metal atmosferico e verace, carico di suggestioni, melodie accattivanti e soluzioni di classe. La maturazione della band prosegue quindi in modo lento ma costante, avente sempre un senso ed una logica, sotto tutti gli aspetti che possono contornare l’operato di una formazione ambiziosa, consapevole e puntigliosa come quella di cui si scrive in questa sede. Già, perchè se sotto il punto di vista prettamente musicale è evidente il passaggio di consegne fra i due album man mano che si avanza nell’ascolto di “Eyegasm, Hallelujah!”, è impossibile non constatare come i Sunpocrisy abbiano da dire tantissimo anche sotto i campi grafico e lirico, curati in modo maniacale, trattanti tematiche non proprio da tutti e connessi strettamente tra loro. La rinascita spirituale simboleggiata dalla figura centrale del pavone, il raggiungimento finale del bianco abbagliante, di un hallelujah nirvanico, il viaggio post-mortem volto alla pienezza sensoriale del ‘due invece che uno’: la profondità dei temi fra cui ruota tutto “Eyegasm, Hallelujah!”, che anche in ambito lirico è la successione ideale di “Samaroid Dioramas”, si riflette magnificamente nelle strutture stilistiche imbastite da Matteo Bonera, Jonathan Panada e compagni. Il nuovo lavoro, dunque, è composto da una tracklist studiata ad hoc, che partendo da una monumentale suite carica di giri ipnotici, esplosioni groovy e derivazioni oniriche (“Eyegasm” + la commovente e magistrale “Mausoleum Of The Almost”) ci traghetta mellifluamente lontani dalle coordinate geografiche del precedente album; il breve intermezzo strumental-rumoristico “Transmogrification” è l’apparentemente inutile segnale: i Sunpocrisy sembrano dirci ‘ok, fin qui vi abbiamo fatto capire che siamo sempre noi; d’ora in avanti vi facciamo anche sentire come siamo diventati’. “Eternitarian”, difatti, lunghissima e pregna di melodia tanto dolce quanto psichedelica, è già qualcosa di evoluto e ‘inedito’ per i Nostri: ed è per questo, forse, che necessita di più ascolti e attenzione per essere apprezzata e valutata appieno; un brano impregnato di quella malinconia suadente che spesso fa capolino dalla musica Sunpocrisy e che comincia a strizzare l’occhio ad un’eterea epicità che andrà aumentando lungo il proseguo della fruizione. Fruizione che, appunto, riprende con la sorprendente “Of Barbs And Barbules”, piccolo affresco imprevedibile dipinto dalla sola voce pulita di Jonathan Panada e dalle ottime tastiere di Stefano Gritti, in questo brano (ma in tutto il disco, a dire il vero!) chiamato in causa come validissimo co-protagonista attraverso soundscape elettronici efficaci e puntuali. Ed ecco che, giunti alla sesta traccia, si è pronti per la seconda parte da fuochi d’artificio di “Eyegasm, Hallelujah!”, quaranta minuti per quattro tracce di progressive-post metal all’apice, fantasioso, gonfio d’epos, nostalgico e rivelatore. Non sapremmo sinceramente decidere, tra “Kairos Through Aion”, “Gravis Vociferatur”, “Festive Garments” e “Hallelujah!”, quale sia la traccia migliore, sebbene chi scrive straveda per la più complessivamente violenta “Gravis Vociferatur”. Più soft e meno aggressivo, ma con ferocia meglio intersecata nelle trame; più voce pulita e un leggero calo dello scream-growl, ma con entrambi i timbri che paiono esser stati estremizzati; un’aumentata padronanza degli intrecci chitarristici loro trade-mark, delle trame ritmiche e degli arrangiamenti, in questo platter davvero spettacolari e da scoprire ascolto dopo ascolto: insomma, “Samaroid Dioramas” pareva praticamente irraggiungibile, ma con il nuovo disco i Sunpocrisy l’hanno sicuramente pareggiato e, per certi versi, anche superato. Noi non siamo ancora riusciti a capire quale dei due dischi ci faccia godere di più, per cui ci limitiamo ad affibbiare ad “Eyegasm, Hallelujah!” lo stesso voto del precedente. Certo è che la band bresciana può segnare un’altra tacca a proprio favore sulla stecca dei Capolavori. Si va sul sicuro, fatelo vostro.
“Burdens left behind, weightless flight”