7.0
- Band: SUNSTORM
- Durata: 00:50:01
- Disponibile dal: 12/03/2021
- Etichetta:
- Frontiers
Spotify:
Apple Music:
L’uscita di questo nuovo album targato Sunstorm è stata preceduta da qualche polemica e discussione: com’è noto, la band nasce una quindicina d’anni fa come progetto ritagliato e costruito attorno a Joe Lynn Turner dalla Frontiers, di fatto però di recente estromesso dal progetto dall’etichetta stessa, con conseguente replica, anche un po’ piccata, da parte di quest’ultimo. Non entriamo assolutamente nel merito delle motivazioni, ma va osservato che non solo la band non ci sembra tornare all’AOR delle origini, ma di fatto nessuno dei musicisti faceva parte della line-up dei primi dischi. Insomma, si è scelto di mantenere in vita il moniker anche senza Joe Lynn Turner, probabilmente da qualche tempo peraltro meno coinvolto in un progetto sempre più sotto la regia di Alessandro Del Vecchio (tastierista, autore e produttore), confermando al tempo stesso quasi del tutto l’ottima formazione degli ultimi lavori, con Simone Mularoni alla chitarra, Nik Mazzucconi al basso e ora anche il nuovo batterista Michele Sanna. Per sostituire un fuoriclasse era necessario trovare un cantante di livello adeguato e la scelta è ricaduta sull’ottimo Ronnie Romero (Rainbow, Lords Of Black), che ha subito potuto cogliere l’occasione per rilanciarsi dopo lo scialbo ultimo album della band con Tony Hernando. Romero si dimostra senz’altro all’altezza del compito, sfoderando delle performance in cui mette in evidenza ancora una volta tutta la sua classe cristallina.
Lo stile è orientato principalmente verso un rock melodico vivace e brioso, con la chitarra di Mularoni libera di spaziare tra efficaci riff e dirompenti assoli e la voce di Romero sempre molto alta ma carica di passionalità e grinta. La tracklist, per la verità, si mantiene abbastanza nella media rispetto alle ultime produzioni del gruppo, quindi confermando un buon livello ma ricorrendo talvolta a soluzioni un po’ scontate o prevedibili, anche se spiccano senz’altro alcuni brani molto belli come l’opener “Afterlife” e “Stronger”.
Segnaliamo, altresì, tra gli altri pezzi, “Swan Song”, il basso di Mazzucconi in evidenza in una traccia dal buon groove quale “I Found A Way”, la ballata pianistica “Lost Forever”, arricchita da un bell’assolo di Mularoni, assai carico di feeling e “Darkest Night”, una canzone che ci ha fatto pensare un po’ ai mitici Bad English, per concludere in bellezza con la rainbowiana “A Story That You Can Tell”.
In conclusione, “Afterlife” è un disco che nasce dalla contraddizione di non aver più nulla a che vedere con i Sunstorm originari, ma che rimane coerente verso quello che hanno rappresentato negli ultimi anni, quindi non stiamo a discutere se debba essere considerato un gruppo diverso o se sia stato opportuno mantenerne il moniker: in fin dei conti, l’importante è che vinca sempre la musica e in questo full-length si possono senz’altro ascoltare buone cose.