SUOL – Suol

Pubblicato il 24/10/2023 da
voto
8.0
  • Band: SUOL
  • Durata: 00:50:00
  • Disponibile dal: 27/20/2023
  • Etichetta:
  • Swarte Yssel
Streaming non ancora disponibile

Shagor, Ossaert, Dinbethes, Weerzin e ora Suol: è generazione continua per il fecondissimo sodalizio artistico degli olandesi J. e P., che ora insieme, ora da soli, ora assistendosi più o meno lateralmente hanno presentato sotto il marchio Swarte Yssel quasi una nuova band all’anno dal 2018.
L’ultima creatura del vulcanico duo mostra, esattamente come le altre, i tratti caratteristici dei propri ‘genitori’, ma anche un’identità unica e ben definita. In particolare, la ‘fratellanza’ è evidente se la si accosta agli Ossaert (fortunato progetto solista di P., ora sotto Argento Records) ma soprattutto agli Shagor, la band che ha fatto incontrare J. e P. e di cui i Suol sembrano quasi un’evoluzione più ampia e sontuosa.
Anche qui, infatti, siamo nel territorio di un black metal raffinato dalla forte impronta folk, ricco ma piacevolmente orecchiabile. Alla stessa maniera, non si può dire che si tratti di un prodotto innovativo, o che riservi chissà quali sorprese: piuttosto, l’omonimo debut album dei Suol ricorda un prodotto di manifattura, il cui valore è conferito soprattutto dalla personalità dell’artigiano e dalla qualità dei materiali.
E a proposito di materiali, anche per le tematiche affrontate nella loro opera prima i Suol hanno scelto qualcosa di prezioso e di nicchia: la lore più oscura della loro terra d’origine, situata nella regione tra la città di Zwolle e il fiume IJssel. I testi sono in lingua olandese, ma se si è curiosi abbastanza da googlare i titoli dei brani si scoprono storie di aristocratici pronti a incendiare intere città, pur di piegare i vescovi con cui sono in lotta; di omicidi brutali e di fantasmi che sussurrano ai pescatori dalla foce dei fiumi.
Prima di addentrarci nelle cupe tradizioni dell’Olanda settentrionale dobbiamo, però, scendere all’inferno.
Non è un modo di dire, perché è proprio questo il tema dell’opener “Hellevaart”: il pezzo è tutto giocato su un botta-e-risposta tra voce e chitarra, semplice ma di sicura presa, sostenuto da un drumming che unisce la marcia alla danza.
Varcata la soglia, “Slot Van Voorst” ci immerge nel folto del progetto Suol. Se spesso nel black atmosferico americano si avverte la metabolizzazione di influenze nordeuropee, qui si può dire che sia avvenuto grossomodo il contrario: la matrice è scandinava, con qualche debito continentale, ma si apprezzano alcune venature transoceaniche. Il brano si dispiega lungo riff quasi ‘paesaggistici’, aperti, e trova un punto di forza nella prima, evocativa comparsa di quelle parti corali dal sapore antico che sono una delle caratteristiche chiave di questo lavoro. L’atmosfera è quella di una processione per le vie di un borgo senza tempo, sul quale si levano a un tratto le campane e le urla disperate che segnalano il devastante incendio che distrusse Zwolle nel 1324.
Si torna invece a giocare su pochi elementi con “Over de Geute”, ballata di ispirazione second-wave che si arricchisce gradualmente di drum fill e stratificazioni vocali, fino alla svolta su un ostinato aggressivo, intarsiato di vocalizzi femminili insieme cristallini e spettrali. “Vrouwe IJssel” si allontana dai canoni del black metal e sovrappone ad alcune suggestioni doom le pennellate forse più smaccatamente folk di tutto il disco, in particolare con la ricomparsa delle parti corali. La preponderanza di un solo riff, in questo caso, finisce per risultare un po’ ridondante, forse anche per la minore incisività della voce solista. Si resta su accordature abissali e su toni cupissimi per raccontare, con “Wetterman’s Waanzin”, la storia di Albert Wetterman, ultimo condannato a morte in tempo di pace nell’Overijssel, nel 1837. Infine, i Suol chiudono la loro prova sulla lunga distanza con la notevole “Bodemdrift”, sulla quale si avvertono più marcate le parentele coi già citati Shagor. Dopo averci cullati per quasi tre minuti su una melodia medievaleggiante e impreziosita dal tintinnare dei campanelli, J.e P. tornano a sorprendere con strofe tanto tirate quanto melodiche, tra le quali si incastona un ritornello vagamente gotico e piuttosto catchy. Il pezzo, quasi una suite, si chiude alleggerendosi in modo imprevisto, ma organico, su un inserto di voci femminili che non stonerebbe su un brano di Myrkur.
Al termine di questi intensi cinquanta minuti di ascolto, la tentazione di premere nuovamente ‘play’ è forte: da un lato c’è la voglia di immergersi ancora nelle atmosfere sapientemente evocate dai Suol, per lasciarsi trascinare un’altra volta su un botter lungo le acque dell’IJssel; dall’altro, la curiosità di riaffrontare l’album con l’orecchio già teso, pronto a cogliere tutti i dettagli di questo considerevole esordio.
“Suol” è infatti un album destinato a crescere ascolto dopo ascolto, e che ascolto dopo ascolto rivela sempre un nuovo profilo della sua ricercatezza mai ostentata.

TRACKLIST

  1. Hellevaart
  2. Slot Van Voorst
  3. Over de Geute
  4. Vrouwe IJssel
  5. Wetterman’s Waanzn
  6. Bodemdrift
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