7.5
- Band: SVALBARD
- Durata: 00:38:46
- Disponibile dal: 25/09/2020
- Etichetta:
- Church Road Records
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Gli Svalbard giungono all’importante traguardo del terzo album dopo un biennio molto intenso, il quale li ha visti suonare in lungo e in largo per l’Europa in compagnia di realtà come Mono, La Dispute e Victims. La vivacità del ciclo promozionale a supporto di “It’s Hard to Have Hope” non si traduce però in un disco altrettanto urgente e vigoroso: “When I Die, Will I Get Better?”, piuttosto, sembra ricercare un feeling più languido e aggraziato, prendendo in parte le distanze dall’asprezza e dal carattere heavy che avevano caratterizzato il suo predecessore. Le tematiche su cui è basata l’opera, comunque, restano quelle da tempo care alla post metal band britannica: gli Svalbard ci hanno sempre preso gusto nel dare libero sfogo al loro stato d’animo e ai loro ideali, mettendo in primo piano temi delicati come la depressione, il sessismo e la misoginia, e “When I Die…” non fa eccezione, confermandosi, almeno sotto tale aspetto, un altro album colmo di inquietudine. A livello musicale, invece, il disco si avvale di un sound maggiormente definito e rotondo, spostando sempre più l’asticella verso l’ala dream pop/shoegaze delle influenze del gruppo, la quale resta comunque sorretta da ritmiche solide e arrembanti, legate a doppio filo al background hardcore e metal. Questo dualismo è ancora una volta il punto di partenza per comprendere lo stile Svalbard: ci sono la sfrontata audacia e le ritmiche nervose dell’hardcore (e non è appunto un caso che il gruppo sia stato in tour con i Victims), ma anche la vena introspettiva e l’atmosfera sospesa, notturna del sogno. Una contrasto che va a rappresentare un’immagine di fragilità, bellezza, contraddizione nei legami umani. Tutti i brani puntano su questa formula, spesso alternando momenti sommessi e brusche accelerazioni, con la frontgirl Serena Cherry a sottolineare ulteriormente i saliscendi emotivi con la sua voce ora eterea, ora rabbiosa. Più dei suoi predecessori, “When I Die…” ci fa però scoprire il lato lirico, intimista della band, mettendo al centro della proposta una melodia limpidissima, che si innalza imperiosa e solenne sull’insieme, e delle strutture che sovente si snodano verso finali dall’impatto epico, a legittimare certi paragoni con Envy e Alcest. Il disco, più di ogni altra cosa, conferma però il buono stato di salute degli Svalbard come compositori e interpreti, regalando un lotto di canzoni nel complesso più scorrevole e avvincente di quello presente sul lavoro del 2018. Questo gruppo si merita senz’altro tutti i riconoscimenti ottenuti sinora.