6.5
- Band: SVARTTJERN
- Durata: 00:42:29
- Disponibile dal: 04/29/2016
- Etichetta:
- Soulseller Records
Spotify:
Apple Music:
Ci siamo abituati ad ascoltare un nuovo album degli Svarttjern ogni due anni e siamo inoltre abituati a vederli cambiare casa discografica ad ogni appuntamento. Con “Dødsskrik” la storia si ripete: stesso lasso di tempo e nuovo sponsor per i black metaller norvegesi, che oggi si appoggiano all’etichetta olandese Soulseller Records per rilasciare questo quarto full-length della loro carriera. Il contenuto musicale del disco ci obbliga tuttavia a compiere una piccola digressione dal discorso similitudini, visto che con “Dødsskrik” il quintetto di Oslo sembra in parte intenzionato a distanziarsi dal sound degli inizi. Ascoltando l’opera, si fa largo l’idea che i ragazzi abbiano voluto compiere una sorta di “ritorno alle origini”, lasciandosi ispirare da alcune formazioni della scena locale; la proposta a tratti appare infatti smaccatamente norvegese, carica di groove e tutto sommato scevra di un tangibile afflato melodico. La band si concede più di una strizzata d’occhio al mondo punk e un andamento farraginoso che porta a scomodare paragoni con Urgehal e Carpathian Forest. Questo è il mood che attraversa tutto il disco e che rende il materiale sì grigio ma anche notevolmente sguaiato. Dopo un breve intro gli Svarttjern partono con “All Hail Satan” e nel giro di quattro minuti riescono subito a mettere in chiaro le coordinate del lavoro: inni black-garage, suoni imbruttiti e sporchi, qualche deriva thrash (peraltro già sperimentate in passato) e, in generale, tanta volgarità. L’attitudine live è lampante ed è probabile che quest’ultima sia stata influenzata dalle numerose date live che il gruppo ha tenuto di supporto al precedente “Ultimatum Necrophilia”. Dopo quattro album, inizia a farsi netta l’impressione che gli Svarttjern non saranno mai dei leader della scena black metal visto il loro inequivicabile aderire a questa o a quell’altra formula già ampiamente codificata, tuttavia ciò non ci impedisce di apprezzare alcune delle loro composizioni; nel complesso, siamo davanti ad un disco più vivace di “Ultimatum…”, la musica riflette un genuino carattere aggressivo e l’ascolto procede senza troppi cali di tensione. Un’opera onesta da parte di un gruppo di fabbri ormai esperti.