7.5
- Band: SWALLOW THE SUN
- Durata: 01:58:31
- Disponibile dal: 30/07/2021
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Sony
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Primo live album per gli Swallow The Sun, che con “20 Years Of Gloom, Beauty And Despair – Live in Helsinki” presentano la registrazione di uno dei loro ultimi show tenuti prima che la pandemia mettesse in standby il grosso dell’attività concertistica a livello mondiale. A differenza di altri lavori live pubblicati di recente, spesso ricavati da eventi in streaming organizzati nel corso dei vari lockdown, quello in questione è dunque la testimonianza di un vero e proprio concerto, avvenuto quando il mondo era ancora “normale”. Voci del pubblico e applausi sono insomma una delle componenti del disco, con il quale il gruppo finlandese celebra appunto i vent’anni di carriera, passando in rassegna una discreta fetta della propria discografia. Da sempre, gli Swallow The Sun creano canzoni che partono dal disagio, dal dolore, da un senso tragico dell’essere, e per un evento speciale come l’anniversario in oggetto, crediamo non ci fosse modo migliore di avviare il concerto con la riproposizione – con tanto di quartetto d’archi a supporto della band – dell’intero “Beauty”, capitolo acustico del mastodontico triplo album “Songs from the North” che va annoverato fra le opere più toccanti e genuinamente sentite del repertorio dei finlandesi, nel quale la consueta material gothic-doom cede il passo a una serie di ballate dove la melodia viene trattata con grazia e delicatezza, finendo quasi per comunicare un senso di serena accettazione.
Dopo questi iniziali tre quarti d’ora all’insegna della più struggente malinconia, lo show prende una piega maggiormente variopinta e movimentata, con il gruppo impegnato a pescare brani da vari album per assemblare una scaletta il più esauriente possibile. Trovano perciò spazio sia mattonate death-doom tipiche soprattutto dei primi anni di carriera e di dischi ormai entrati nella storia del genere (“The Morning Never Came”, “Ghosts of Loss” o la parte finale dello stesso “Songs from the North”), sia quegli episodi più brevi e orecchiabili con cui la formazione ha spesso scalato le classifiche in patria. Tra riflessioni decisamente tetre e qualche concessione a ritornelli stracciamutande, in questa seconda metà dello spettacolo l’ascoltatore si trova quindi a riassaporare tutte le classiche sfaccettature della musica degli Swallow The Sun, per un’operazione di frammentazione e ricostruzione sonora il cui esito è quasi sempre dominato da un generale senso di raccoglimento e sconforto, indipendentemente dagli elementi utilizzati dalla band. Un vortice di pulsazioni dolenti premeditato, fortemente voluto, realizzato con lucida determinazione da una delle realtà più perseveranti di questo panorama.