
6.5
- Band: SWALLOW THE SUN
- Durata: 00:49:29
- Disponibile dal: 18/10/2024
- Etichetta:
- Century Media Records
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Con questo nuovo lavoro prodotto da Dan Lancaster (Bring Me The Horizon, Muse, Don Broco, Blink 182, Enter Shikari), gli Swallow The Sun fanno “all in” nel tentativo di esplorare il loro lato più soft e ammiccante, con una tracklist in cui sono soprattutto il cantato pulito di Mikko Kotamäki e strutture piuttosto agili e compatte a prevalere. Non si può in ogni caso parlare di famigerata e improvvisa “svolta commerciale” o simili per questa attesa uscita della band finlandese, visto che sono ormai anni che ogni suo album contiene almeno un pezzo particolarmente orecchiabile. Anzi, è ormai nota la tendenza del gruppo a tenere il cosiddetto piede in due scarpe, nel suo passare da trame alla My Dying Bride o persino Thergothon a episodi melliflui non lontani anni luce dal repertorio di una band come gli HIM di Ville Valo. In effetti, gli Swallow The Sun non hanno mai avuto troppa misura nei loro momenti più melodici, spesso svelando un gusto molto sdolcinato che appunto ha spesso rischiato di stridere accanto a certi canovacci particolarmente pesanti e rigorosi, quindi non dovrebbe stupire poi tanto un disco come questo “Shining”, nel quale certe note tendenze della band vengono rese ancora più immediate dalla produzione moderna, compressa e asettica di Lancaster.
La componente death-doom viene qui ridotta a una sottile cornice, con solo qualche accenno di vera austerità in un paio di pezzi, mentre il resto della tracklist si muove su un gothic rock/metal dal grande respiro (e dai suoni ben poco naturali), con palesi – e appunto certo non inedite – velleità radiofoniche in singoli comunque piacevoli come “Innocence Was Long Forgotten” o “MelancHoly”. Diciamo che dove un gruppo come i Katatonia saprebbe bilanciare raffinatezza e accessibilità anche nelle trame sulla carta più easy listening, i finlandesi invece confermano di riuscire raramente a contenersi su questi registri, tanto da sfociare qua e là nel pop senza troppi filtri.
In ogni caso, la capacità di Juha Raivio e soci di scrivere belle canzoni è nota, quindi a conti fatti è normale che non manchino veri momenti di ispirazione anche in un lavoro estremamente patinato e per certi versi non sempre spontaneo come questo. Un brano come “Under The Moon & Sun”, ad esempio, ha anche qualcosa dei Paradise Lost di “Symbol of Life”, con un tocco di elettronica che non stona affatto tra le sue atmosfere dense; “November Dust”, dal canto suo, a tratti ostenta un piacevole mood notturno e una prova vocale più conturbante che ricordano i Type O Negative, mentre la title-track riesce a recuperare anche istanze più metalliche, regalando lo sviluppo più completo e avvincente del disco.
Insomma, è innegabile che lavori come “Moonflowers” o “Songs from the North” – senza scomodare gli esordi – possiedano una profondità e uno spessore maggiore, ma anche in questa circostanza non è complicato scovare degli spunti interessanti, tanto che siamo abbastanza sicuri che i più accaniti fan della formazione avranno di che gradire, al di là della mancanza di un certo peso emotivo e strutturale in alcuni punti.