8.0
- Band: SYMPHONY X
- Durata: 01:04:03
- Disponibile dal: 31/07/2015
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Vi sveliamo subito un punto: il nuovo Symphony X è davvero una figata. Sì, alla fine abbiamo pensato di sbilancarci così fin dalla prima frase, anche perché quanto appena detto è ciò che sinceramente più si avvicina alla verità, almeno per noi. Il motivo per cui sosteniamo questo fatto, però, può essere inatteso ed è quindi degno di spiegazione. E qui vi diciamo che abbiamo messo un bell’otto ad “Underworld” certamente perché è un bell’album, ma soprattutto perché ha il grosso (grossissimo) pregio di non cadere in nessuna delle varie trappole cui si arenano spesso le diverse grosse uscite di settore. Quest’anno è stato foriero di grosse uscite, basti pensare a Nightwish e Kamelot, e già solo guardando ai commenti sotto la recensione di ciascuno dei due possiamo trovarne alcune, di queste trappole. Troppo simile al passato. Privo di ispirazione. Troppo sinfonico o orchestrale. Certo, quelli erano album con netti pregi, che ancora riconosciamo e che difendono tuttora il voto che gli abbiamo dato, ma non siamo certo così arroganti da ritenere falsi tutti questi giudizi. Invece, a parer nostro, il nuovo Symphony X schiva con molta maestria attacchi di questo tipo. Ad esempio, “Underworld” è più accessibile rispetto al cupo “Iconoclast”, ma al contempo non abbandona quel riffing serrato di Romeo dei tempi recenti o l’approccio così aggressivo di Russel Allen. “Underworld” guarda decisamente al passato, guarda soprattutto a quegli album che noi che scriviamo consideriamo i migliori come “Twilight In The Olympus”, però non si dimentica di derivare qualcosa anche da “Odyssey” o dal complesso “Paradise Lost”. La continuità di pensiero e di filosofia col lavoro precedente è garantita, però “Underworld” riesce con le brani come “Without You” o “Legend” a riprendere per mano qualche fan che magari si era perso per strada anni fa, rimanendo attaccato ai lavori degli Anni ’90 e dei primi 2000. Durante l’ascolto ci si rende pienamente conto che queste undici canzoni – già, non un album con cinque tracce ultra lunghe, ma un bell’album classico con le altrettanto classiche undici tracce – riescono davvero nella difficile missione di accontentare fan sia vecchi che nuovi, e funzionano sul serio, senza mostrare mai particolari cedimenti. Ci sono brani vicini allo stile di “Iconoclast”, come l’opener “Nevermore” o la title-track subito successiva, e brani più aperti e ariosi, i cui richiami principali vanno a piuttosto all’eleganza di “V: The New Mithology Suite”, come la già citata “Without You”. I vari brani convincono e attirano, risultando spesso vincenti nel riffing o nella sezione solista, e in generale mostrnao sempre belle melodie. Cresce il contributo di Pinnella, che torna a dipingere atmosfere sospese e sfumate con i suoi tasti d’avorio come non faceva sì e no dal 2000, ed è molto presente anche Jason Rullo, che rinuncia a una certa dose di fisicità per lavorare di fino su piatti e percussioni. “Kiss Of Fire” si distingue per le grosse orchestrazioni, e l’unica vera suite qui presente, “To Hell And Back” ci richiama i momenti più progressivi della carriera della band. Questo breve elenco mostra che, effettivamente, non vi sono passaggi in “Underworld” ripetuti o poco convincenti… è un album solido. Siamo sicuri che in molti continueranno a preferire “The Divine Wings”, però siamo consci che pretendere oggi un altro album come quello è simile ad illudersi che i Maiden se ne usciranno a Settembre con un nuovo “Powerslave”. Quello che pensiamo è che “Underworld” sia grossomodo il miglior risultato che Romeo, Pinnella e soci potevano ottenere adesso, nel 2015, senza rinnegare nulla della propria carriera, ma senza nemmeno ricadere nella solita operazione nostalgia. Non è poco.