7.5
- Band: TAAKE
- Durata: 00:42:16
- Disponibile dal: 01/09/2023
- Etichetta:
- Dark Essence Records
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Dopo il periodo degli split ed una raccolta di cover e versioni alternative di vecchi brani, è giunto il momento per Hoest di tornare alla pubblicazione di un album vero e proprio con “Et Hav Av Avstand”, che arriva sugli scaffali ben sei anni dopo l’ottimo “Kong Vinter”. La militanza in sede live in veste di cantante presso le leggende del black metal Gorgoroth deve aver assorbito molto tempo all’artista norvegese, che con grande dedizione e tenacia torna però a scrivere un nuovo capitolo nella complessa narrazione dei suoi Taake. Ancora una volta realizzato in solitaria, e ancora una volta sorretto e pubblicato da Dark Essence Records, il nuovo disco muove le sue mosse esattamente dalle ultime gesta del precedente album, dispiegandosi però stavolta in quattro composizioni crepuscolari dalla durata assai notevole. Tre quarti dei pezzi superano abbondantemente i dieci minuti di durata, inaugurando così una fase dei Taake dove la forma canzone canonica viene quasi definitivamente abbandonata in favore di un piglio compositivo del tutto libero e totalmente faustiano: poche o nulle sono le ripetizioni all’interno dello stesso brano, così come scompaiono appigli e refrain che aiutino nella assimilazione della musica, lasciando invece che sia un turbinio di emozioni, suoni e sensazioni, a guidare i passi del mentore nella sua selvaggia discesa nei paesaggi innevati evocati dagli strumenti. Questo tipo di approccio non è certo nuovo per il progetto, ma raggiunge oggi il suo stato di massima espansione, lasciando spesso grande indeterminatezza anche negli arrangiamenti e nelle giunture che uniscono i riff, quasi in uno stato di indifferenza avversa a chiunque tenti di avvicinarsi a questo lavoro.
Proprio come gli inospitali e bellissimi scenari naturali norvegesi che ispirano da sempre Hoest nella scrittura, non tutto in “Et Hav Av Avstand” sembra pensato per il gaudio umano, quanto piuttosto una naturale emanazione artistica che affascina di suo, senza orpelli o espedienti per farsi apprezzare. Questo si traduce purtroppo in alcuni passaggi piuttosto confusi che faticano a convincere (“Denne Forblaaste Ruin Av En Bro””), così come in una sensazione di instabilità perenne che non lascia mai tranquilli (“Utarmede Gruver”), ma risiede proprio in questo il peculiare fascino di un platter dallo spirito ancora indomito e furioso.
Non stupisce comunque che proprio la conclusiva “Et Uhyre Av En Kniv” sia stata scelta come singolo: il riffing in questo caso è eccellente, perennemente in bilico tra ferocia black metal e malinconia romantica, siglando un altro colpo da maestro nell’ormai corposa discografia dei Taake.
Meno preciso ed ordinato di “Kong Vinter”, il ritorno del norvegese alla sua primaria creatura è siglato da un album tipico rispetto al suo stile, eppure sempre così progressivo e attuale nel cercare nuovi percorsi espressivi attraverso una tavolozza che fa del bianco della neve, del nero del suo metal e di tutta una scala di foschi grigi la sua palette ideale per rappresentare uno scenario conosciuto ormai a menadito, ma sempre capace di stupire attraverso nuovi, inattesi percorsi.