7.5
- Band: TANKARD
- Durata: 00:50:01
- Disponibile dal: 27/07/2012
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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E sono quindici in trent’anni! Parliamo degli album dei Tankard, gruppo immarcescibile del thrash metal tedesco, che, in barba alla più acclamata triade teutonica, ha continuato in queste tre decadi a sfornare album con perseveranza, senza avvalersi di finte pause, stravolgere la formazione o cambiare radicalmente stile. Insomma: ha suonato del thrash metal alcolico nudo e crudo sempiternamente. Ma veniamo al successore di “Vol(l)ume 14”, edito nel 2010. I quattro sono i Motorhead del genere in quanto a continuità e (non) soluzioni stilistiche, e quindi c’è poco da interrogarsi su cosa sia cambiato nel gruppo capitanato da Gerre, riccio e corpulento singer. La prima cosa che balza all’orecchio di “A Girl Called Cerveza” è la produzione ricca, che consente di apprezzare e distinguere ogni singola parte del suono Tankard ma che, rispetto al precedente album, conferisce un suono più roccioso e potente alla chitarra. Con in copertina la “sorella” di “Kings Of Beer”, l’album parte con “Rapid Fire”, perfetta ad alternare spezzoni più ruvidi a refrain melodici, una prerogativa, questa del bilanciamento, caratteristica delle ultime produzioni. I toni sono “seriosi” sulla canzone che dà il via all’album, ma tutto questo cambia appena riconosciamo le note della title-track, brano che il gruppo ha già reso da tempo disponibile come video. La traccia – che ovviamente finirà in scaletta come anthem principale dall’album che si va recensendo – è allegra e dominata da un ritmo baldanzoso, e trova la sua fortuna su di un ritornello indovinato e molto catchy, tutto da cantare con la collaborazione del pubblico in sede live. Se “Witch Hunt” è thrash tedesco nella sua accezione più classica, con i tempi di batteria costanti sulla percussione, segnaliamo subito “Master Of Farces” come una delle hit del disco. La canzone è abile a mutare a più riprese il ritmo, risultando dinamica, aspra e dura; da puro headbangin, insomma! A metà scaletta c’è la canzone d’amore – così l’ha definita Gerre – quella che vede come ospite Doro Pesch, icona femminile del metal. Nel brano, dominato dal lavorìo di chitarra, le orecchie sono tutte per la bionda cantante che duetta amabilmente con Gerre, con i due che a fine pezzo si giurano amore eterno. E quindi il disco scivola via per cinquanta minuti filati fra canzoni nel classico stile Tankard (“Fandom At Random” e “Metal Magnolia”, pezzi dai riff di chitarra molto duri) e altre più inusuali come “Sons Of A Fridge”, una sorta di ballata mascherata. Con il solito Gerre in ottima forma – riuscireste a immaginare un’altra voce su una qualsiasi canzone dei Tankard? – ecco quindi i tedeschi pronti per un passo in avanti nella loro lunga carriera, complice anche l’etichetta che pubblica il disco, la prestigiosa Nuclear Blast. È il giusto riconoscimento a una carriera figlia della coerenza e dell’amore per l’unico genere musicale che Gerre e compagni sono capaci di suonare. Chissà che ora non arrivi la tanto meritata gloria con finalmente un tour da headliner che li porti in giro almeno in Europa?