6.5
- Band: TARCHON FIST
- Durata: 00:47:59
- Disponibile dal: 04/10/2013
- Etichetta:
- My Graveyard Productions
- Distributore: Masterpiece
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Sono passati quattro anni da “Fighters”, il secondo e convincente capitolo dei bolognesi Tarchon Fist capitanati dall’ex chitarrista dei Rain, Luciano Tattini. In questo lasso di tempo la band ha apportato alcune significative modifiche alla propria formazione, inserendo il chitarrista Sergio Rizzo al posto di Federico “Heavy Rico” Mengoli e il cantante Mirco “Ramon” Ramondo che va cosí a sostituire Luigi “JJ Sange” Sangermano. E proprio il nuovo vocalist costituisce il tratto distintivo principale rispetto al precedente e più che discreto lavoro. Con un registro vocale piuttosto ampio che gli consente di arrivare sino a note alte con disinvoltura, Ramon presenta un’ugola cristallina, un po’ meno profonda se paragonato a Sangermano e l’unico neo della sua performance è una pronuncia a tratti non eccelsa. Il resto del contenuto musicale del lavoro non si discosta significativamente da un solido heavy metal classicissimo ancorato ai grandi classici del genere, punteggiato da qualche ventaura di hard rock. I fan di Saxon o Maiden hanno pane per i loro denti già con la sostenuta opener “Knights Of Faith”, up tempo con un riffing dal notevole tiro e con linee vocali tra le più efficaci dell’intero lavoro. Non da meno “Diavoli Neri”, dedicata al club motociclistico Black Devils, o “Born To Kill”, altri due buoni esempi di brani veloci, non certo particolarmente originali ma dal un buon potenziale live, elemento quest’ultimo piuttosto ricorrente nella musica dei Tarchon Fist. Il disco è ad ogni modo discretamente vario e all’interno di esso evidenziamo anche una buona semi ballad intitolata “All Your Tears” dalle ottime melodie e con una buonissima interpretazione di Ramon su note più calde ed espressive. Sebbene durante i cinquanta minuti di ascolto del lavoro non si notino vistosi cali di tono, a parere di chi scrive suscitano qualche smorfia un poco riuscito inserto di growl su “Students Attack” e alcuni episodi un po’ troppo “pacchiani” come gli incipit della titletrack, narrato in un inglese dalla pronuncia un po’ troppo italianizzata, e quello di “Unconvertible”. Difetti comunque che non pesano più di tanto su un album che a nostro giudizio si colloca di poco sotto al precedente capitolo ma ad ogni modo positivo in molti aspetti e assolutamente adatto alla fedelissima scena defender nostrana.