7.0
- Band: TAROT
- Durata: 00:42:06
- Disponibile dal: 06/04/2011
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Per una band, ri-registrare dischi del passato sembra essere diventato un modo per immettere nel marcato qualcosa anche quando idee non ce ne sono, un escamotage per chiudere un contratto discografico o, ancora, un modo attraverso il quale l’etichetta di turno e il gruppo stesso raschiano il fondo del barile per tirare fuori qualche soldo. Nel caso dei Tarot, visto lo status di gruppo di onesti mestieranti con un proprio fedele pubblico conquistato negli anni, non ci sentiamo di propendere per nessuna delle ipotesi sopra elencate, forse solo la mancanza di idee può reggere, ma, vista la bontà del prodotto, anch’essa passerebbe nel caso del tutto in secondo piano. Sì, perchè questo "The Spell Of Iron MMXI" non è la solita re-incisione di un vecchio disco – in questo caso di "Spell Of Iron" debutto del 1986 – ma una vera e propria re-interpretazione dei pezzi: il lavoro svolto dalla band finlandese dei fratelli Marco (basso e voce, in forza anche nei più blasonati Nightwish) e Zachary Hietala (chitarra) è stato davvero eccezionale, risultando ancora migliore rispetto all’originale per una serie di motivi che ora analizzeremo. Prima di tutto il disco suona più attuale e fresco, ma soprattutto trae giovamento dai cambiamenti che la line-up ha subito nel corso degli anni. Il più evidente riguarda il fatto che da metà anni Novanta la band ha perso un chitarrista e guadagnato un tastierista, questo ha portato il basso di Marco ad avere un ruolo sempre più importante nel tempo fino ad arrivare a produrre un suono molto groovy in linea coi tempi; le tastiere hanno invece aperto nuove strade convogliando il suono dei Tarot verso soluzioni ora moderne, grazie all’uso dei synth, ora vintage, tramite l’utilizzo dell’hammond, o, ancora, classico, grazie al clavicembalo. Il tutto sempre al servizo del mood del pezzo di turno. Tutto ciò ha spinto il sound della band verso un indubbio dinamismo, maturando soluzioni stilistiche un tempo impensabili col risultato di canzoni più godibili e meno scontate. Anche la presenza di un singer di ruolo che risponde al nome di Tommi Salmela (della partita dal 2006) non può che far bene: questi si lascia alle spalle le prove incolori dei due precedenti dischi registrati coi Tarot, risultando finalmente decisivo nel dare quel qualcosa in più ai pezzi tramite una prestazione di spessore attenta sia all’espressività che alla grinta, riuescendo per la prima volta ad integrarsi alla perfezione alle aspre grida di Marco. Proprio un bel lavoro di restyling, quello svolto dai Tarot, che, visti gli ultimi mezzi passi falsi registrati in studio, ci auguriamo possa fare da preludio ad un nuovo esaltante inizio per la band.