7.5
- Band: TELEPATHY
- Durata: 54:20
- Disponibile dal: 31/03/2017
- Etichetta:
- Golden Antenna
Spotify:
Apple Music:
Arriva del fumo nero da fuochi distanti ed è subito presagio di “Tempest”, il nuovo album dei Telepathy. Se alla prima luce sembra di intuire una qualche scintilla di speranza, si viene presto annichiliti da “Smoke From Distant Fires”, dove il sound di Jaime Gomez Arellano (Ghost, Opeth, Paradise Lost) offre il suo contributo per far diventare il sound della band di Colchester assolutamente avvolgente e totalitario, ancor più che in passato: le atmosfere plumbee che contraddistinguono la band post-metal riecheggiano in tutte le loro tonalità più chiaroscurali, le melodie che emergono dalla coltre fumosa di certi pattern ritmici più ossessivi e da un tappeto di feedback e distorsioni incombenti con una veemenza e una forza degna dei migliori prodotti di genere. Il seguito di “12 Areas” è in effetti un concept album che segue una linea narrativa e cerca di esserne una colonna sonora: un uomo si ritrova solo dopo una grande tempesta e alluvione e passa attraverso gli stadi di risveglio, desolazione e accettazione del mondo in cui si ritrova. Se il dispotismo della natura fa tutta la sua brutale comparsa (e fascinazione) in “Celebration Of Decay”, in cui emergono le chitarre (ad opera di Piotr Turek e Richard Powley) memori dei migliori Russian Circles, è con “Water Divides The Tide” che sboccia il germe dell’abbandono e della finale consapevolezza nichilistica della fine e del nulla. La batteria di Albert Turek spiazza per il suo drumming selvaggio e funambolico, ma mai fine a se stesso, e in “Apparition” riesce a donare quel peso sludge ed estremo che non tutti, in ambito di post-metal strumentale, riescono a portarsi dietro. I Telepathy riescono a risultare la parte più oscura e distorta di una delle band capostipiti del post-rock come gli Explosions In The Sky, aggiungendo piccolissime peculiarità che non rendono il loro lavoro particolarmente originale o sperimentale, ma che permettono di inquadrarlo in un ascolto capace di entusiasmare ed appassionare per i suoi risultati più pratici e onesti. “Tempest”, pur non risultando nulla di eccessivamente trascendentale, risulta epico, risonante di ethos e lucente di miti apocalittici e atmosfere disfatte, sicuramente capace di entusiasmare gli amanti delle sonorità sludge/post-metal, forse abusate e standardizzate, ma qui ancora in grado di emozionare e annichilire.