7.0
- Band: TEMPLE OF DREAD
- Durata: 00:42:26
- Disponibile dal: 04/10/2024
- Etichetta:
- Testimony Records
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Con il loro nuovo album, “God of the Godless”, i Temple Of Dread segnano un passo in avanti rispetto al precedente “Beyond Acheron”, dimostrando una discreta crescita tanto nella composizione quanto nell’esecuzione. Il trio tedesco, come sempre ben radicato nelle sonorità old school death metal, riesce questa volta a integrare la componente melodica in modo più coeso e organico, senza cadere nelle trappole di eccessi pomposi che avevano reso alcuni momenti dell’opera precedente un po’ kitsch e fuori contesto.
L’album si apre con la potente “Carnage Ritual”, traccia giustamente scelta come opener per la sua attitudine sfrenata, che sa di dichiarazione d’intenti. Con un chiaro rimando all’impronta classica di un “Leprosy”, i Temple Of Dread qui costruiscono una composizione robusta e feroce, che parte dalla vera tradizione del genere per venire poi arricchita da elementi che guardano invece alla scuola death-black europea. È evidente fin dall’inizio che la band ha affinato la propria capacità di gestire i contrasti tra aggressività e melodia, creando un sound che risulta più rifinito rispetto al passato.
Come avvenuto nel capitolo precedente, il gruppo anche questa volta ostenta poi una certa predisposizione a variare le strutture dei brani, che, pur restando all’interno di coordinate death-thrash, si concedono qualche parentesi più ariosa e midtempo. Questa varietà si manifesta soprattutto in tracce come “Spawn of Filth” e “Sacrificial Dawn”, che alternano momenti di pura furia in chiave primi Pestilence e Morgoth a sezioni più agili e armoniose, senza però smarrire quella coerenza stilistica che dovrebbe caratterizzare una formazione di questo tipo. I riff sono mediamente solidi e incisivi, con una produzione che riesce a bilanciare la ruvidità tipica del genere con una chiarezza sufficiente a distinguere le sfumature delle composizioni.
Ancora una volta, in certi casi sembra di sentire dei God Dethroned posseduti dalla verve e dallo spirito iconoclasta dei vecchi tempi: in questo senso, “Demise of Olympus” è un altro esempio della rinnovata abilità del gruppo di giocare con le dinamiche; pur restando fedele a un sound dalle influenze riconoscibili, la traccia presenta passaggi che si distaccano dall’assalto frontale per aprirsi a momenti più torbidi e controllati, rendendo la chiusura del disco particolarmente evocativa.
Sebbene “God of the Godless” non rivoluzioni certo il panorama death metal, questa nuova sortita dimostra insomma una maturazione interessante per i Temple Of Dread, che qui dimostrano una certa abilità nel gestire degli equilibri piuttosto delicati, restando sì esponenti di un death metal “working class”, ma con quel brio necessario per confezionare un’opera che potremmo definire la più completa e soddisfacente della loro discografia.