7.0
- Band: TERAMAZE
- Durata: 01:02:15
- Disponibile dal: 05/10/2021
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I vari lockdown causati dalla pandemia hanno suscitato nei musicisti le reazioni più diverse: nel caso degli australiani Teramaze, questo ha comportato un picco creativo senza precedenti (almeno per la band), che ha portato alla pubblicazione di ben tre full-length nell’arco di appena dodici mesi. Non si tratta però di semplici raccolte di canzoni selezionate da una potenziale congerie di brani composti a raffica, perchè sono dischi in qualche misura diversi, con una loro ragione ben precisa di essere distinti. Le differenze sono tanto più evidenti se facciamo il confronto con il precedente “Sorella Minore”, nonostante sia stato pubblicato appena pochi mesi fa: questo era un disco, infatti, che si ricollegava concettualmente e musicalmente al loro album “Her Halo”, di cui rappresentava una sorta di seguito, con un approccio, anche per le tematiche affrontate, un po’ più dark e malinconico. Con questo nuovo “And The Beauty They Perceive”, la band abbandona l’idea del concept, realizzando un platter comprendente nove canzoni ben distinte e slegate tra loro: le atmosfere, in generale, sono anche decisamente più ariose e solari e il sound è più variegato, grazie alla padronanza di diversi stili che possiede ormai la band.
Dean Wells è sempre più calato nel suo ruolo di cantante (anzi, qui torna ad occuparsi interamente delle parti vocali), con la sua voce molto alta e pulita che si propone con un approccio che ci fa pensare a quella tipica di vocalist pop rock piuttosto che metal. In effetti, accennavamo ad una certa varietà di stili da parte dei Teramaze, che certamente non rinnegano le loro origini metal, ma che danno in questo disco sempre più spazio anche a sonorità più soft: in questi nuovi brani, il gruppo australiano si concentra su un rock dalle venature metal, dove certamente si ravvisano ancora alcuni elementi prog e belle divagazioni strumentali (specialmente in tracce di lunga durata come la titletrack, “Search For The Unimaginable” e la conclusiva “Head Of The King”), ma che sono caratterizzati soprattutto da elementi melodici e spesso anche da ritornelli alquanto catchy: tra i più emblematici, potremmo citare quelli di “Jackie Seth”, “Untide” e “Modern Living Space”, che con qualche piccolo editing reputiamo possiedano un elevato potenziale radiofonico. Se poi prendiamo un brano come “Waves”, siamo completamente in territori pop rock, ma come dicevamo questo non significa che i Teramaze abbiano rinnegato le proprie radici: al contrario, hanno voluto inserire questi elementi nel proprio sound, cercando di non snaturarlo. In tal senso, ad esempio, si riscontra un massiccio uso di tastiere, non solo per tappeti e orchestrazioni, ma anche come supporto alle chitarre per vere e proprie divagazioni strumentali, persino in qualche caso con prolungati assoli, come quello molto bello inserito in “Modern Living Space”.
Certo, quest’equilibrio ottimale probabilmente non sempre viene raggiunto e ci sono attimi in cui sembra che la band possa prendere la deriva in una direzione piuttosto che in un’altra. Per fortuna, però, Dean Wells riesce a dirigere il timone con una certa consapevolezza di quello che sono stati i Teramaze nel corso degli anni e della direzione che intende seguire, perciò accogliamo con favore questa “diversa” anima della band che, peraltro, immaginiamo, dopo questo picco creativo, per il prossimo periodo vorrà concentrarsi, nei limiti del possibile, molto più sull’attività dal vivo piuttosto che in studio.