6.5
- Band: TERRORIZER
- Durata: 00:43:52
- Disponibile dal: 12/10/2018
- Etichetta:
- The End Records
Spotify:
Apple Music:
Parliamoci chiaro: la stragrande maggioranza degli ascoltatori che negli anni Duemila si è approcciata al monicker Terrorizer lo ha fatto sperando di avvertire nella reunion del gruppo americano almeno un barlume della ferocia e della strabordante intensità di “World Downfall”, pietra miliare del filone grindcore risalente all’ormai lontanissimo 1989. Un disco semplicemente perfetto, figlio di un’epoca e di una line-up (Garcia-Pintado-Sandoval-Vincent!) capaci di legittimarne senza alcuna difficoltà lo status leggendario, tra aggressioni pionieristiche e un uso delle parole pesante quanto un macigno.
Vista l’eredità lasciata da un simile capolavoro, non stupisce che i pur dignitosi “Darker Days Ahead” (2006) e “Hordes of Zombie” (2012) abbiano soddisfatto soltanto in parte le aspettative dei fan, e il discorso – ne siamo certi – si ripeterà anche per il nuovo “Caustic Attack”, terzo lotto di brani della versione capeggiata dal solo batterista salvadoregno (Garcia, lo ricordiamo, ha nel frattempo avviato i Terrorizer LA). Un’opera che sancisce definitivamente l’ingresso del cantante/bassista Sam Molina e del leader dei Monstrosity Lee Harrison (qui impegnato alla chitarra), volta sì a proseguire una carriera di dubbia utilità artistica, ma dalla forma e dal contenuto perlomeno rispettosi del genere e lontani dall’approssimazione di certe uscite live degli ultimi anni. Detto della solita, penetrante prova di ‘Commando’ dietro ai tamburi, sono proprio il riffing e l’esperienza in materia di songwriting di Harrison a reggere le redini di questi tre quarti d’ora di musica, coordinando una serie di carneficine rimaste ferme agli Eighties (“Turbulence”, Failed Assassin”, “Poison Gas Tsunami”) e di digressioni più controllate e death-oriented, le quali rappresentano invero la parte meno interessante del disco.
Senza strafare, riproponendo in maniera accurata i trademark che li hanno resi noti al mondo (le frustate in blast beat, il denso lavoro di piatti, il guitar work meno punkeggiante rispetto a quello degli analoghi miti europei, ecc.), i Nostri vanno sul sicuro e ci offrono un discreto esempio di death/grind vecchia maniera, fluido e aggressivo quanto basta, dimostrando di avere anche in questa incarnazione da ‘cover band’ la loro ragione di esistere. Insomma, le sorti del metal estremo non passeranno certo di qui, ma “Caustic Attack” – vuoi anche per le scarse aspettative iniziali – finisce per essere lasciato nel lettore ben più del previsto.