TESLA – Mechanical Resonance

Pubblicato il 13/12/1986 da
voto
8.5
  • Band: TESLA
  • Durata: 00:53:28
  • Disponibile dal: 08/12/1986
  • Etichetta:
  • Geffen Records

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Quando si parla della scena hair metal anni Ottanta il nome dei Tesla non è certo tra i primi che vengono in mente – dietro non solo ai mostri sacri Motley Crue, Bon Jovi e Poison, ma anche ai vari Ratt, Cinderella, Dokken, Skid Row, Warrant, White Lion e compagnia cantante – forse per il look meno appariscente rispetto ai contemporanei o per una certa ritrosia della stessa band, che ha sempre preferito definirsi hard rock.
Anche dal punto di vista commerciale “Mechanical Resonance”, debutto uscito per la Geffen nel 1986, ci metterà ben tre anni per raggiungere quel disco di platino conquistato con meno fatica da altri colleghi prima e dopo di loro, ma probabilmente è giusto così visto che la formazione di Sacramento è come un buon vino da gustare con calma, più che uno shot da mandare giù tutto d’un fiato.
L’altra peculiarità che rende unici i Tesla è l’unione di diversi stili: dall’hard rock in stile AC/DC allo street metal passando per il blues e il country, c’è di tutto e di più nei cinquanta minuti di questo debutto, spesso mescolato indissolubilmente.
Se l’opener “EZ Come EZ Go” mette subito in mostra l’alchimia tra le due asce e l’ugola graffiante di Jeff Keith, la successiva “Cumin’ Atcha Live” (pezzo scritto quando ancora la band si chiamava City Kidd e suonava nelle basi dell’esercito) mostra la cromatura vanhaleniana per poi accelerare come i Motley Crue, con però le chitarre gemelle degli Iron Maiden impegnate in una sfida all’ultima nota.
In un lato A ricco di testosterone – siamo pur sempre nell’America reaganiana e degli Spinal Tap – spiccano anche la cafonissima “Rock Me To The Top” (parente stretta di certo heavy metal) e l’altrettanto pacchiana “2Late4Love”, due anthem da stadio da cantare a squarciagola con piede a terra/pugno al cielo intervallati da un po’ di sana air guitar.
Anche la power ballad è sui generis rispetto agli standard dell’epoca, con “We’re No Good Together” che parte lenta per poi esplodere nella seconda metà in un rock blues trascinante come i migliori Aresosmith, ma le sorprese maggiori arrivano una volta girato il vinile, con il chitarrista Frank Hannon sempre più sul ponte di comando: “Modern Day Cowboy” trapianta i Led Zeppelin nel clima da guerra fredda di “Rocky IV”, “Changes” tiene fede al titolo con un saliscendi emozionale tra delicate note di piano e chitarre ruggenti, ed infine la cover di “Little Suzi” dei Ph.D (band new wave inglese dell’epoca, relativamente poco conosciuta per quanto il video di questa canzone fosse stato tra i primi trasmessi dalla neonata MTV) mescola ancora chitarre acustiche, atmosfere country ed hard rock in un mix dall’allegria contagiosa, risultando peraltro il singolo di maggior successo tratto dall’album di debutto.
In chiusura citiamo il talk-box tanto caro a Richie Sambora nel bridge di “Love Me” e soprattutto lo sleaze rock di “Cover Queen”, altro gioiellino nascosto che poco o nulla ha da invidiare alla quasi omonima (ma ben più celebre) “Rocket Queen” uscita l’anno successivo. Sorprendente, e non poteva essere altrimenti, anche il finale con “Before My Eyes”, brano più lento che per certi versi può ricordare la psichedelia dei Pink Floyd, pur mantenendo le radici saldamente piantate nell’hard rock californiano.
Un debutto per certi versi fuori dagli schemi per una band non omologata sotto tutti i punti di vista – provenienza, look, moniker, contaminazioni… – ma proprio per questo unica e da gustare appieno ora come allora.

TRACKLIST

  1. Ez Come Ez Go
  2. Cumin' Atcha Live
  3. Gettin' Better
  4. 2 Late 4 Love
  5. Rock Me to the Top
  6. We're No Good Together
  7. Modern Day Cowboy
  8. Changes
  9. Little Suzi
  10. Love Me
  11. 11. Cover Queen
  12. 12. Before My Eyes
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