7.0
- Band: TESSERACT
- Durata: 36:50
- Disponibile dal: 20/04/2018
- Etichetta:
- Kscope Music
- Distributore: Audioglobe
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Sembra ormai impossibile non dare credibilità discografica ai Tesseract, soprattutto con la considerazione di essere stati tra i primi ‘ideatori’ del djent una decade fa. Considerazione, questa, che aleggia anche dopo che quel passaggio musicale è stato contaminato dall’alternative, dall’indie, dal post-rock ed è diventato quello che con i nuovi Leprous e Contorsionist si può ben considerare qualcosa di ormai sedimentato nel nuovo filone del progressive. “Polaris” era stato un album completo, ancora una volta suonato e inciso alla perfezione, ma proprio per quel suo tendere all’ancora-più-nuovo aveva forse perso di vista una sorta di peculiarità specifica, che aveva contraddistinto, ad esempio, un album come “One”. Il quarto lavoro della band di Acle Kahney è forse un po’ quello che deve tirare le somme discografiche del discorso magno. È già infatti con “Luminary” che si innestano le coordinate tipiche del sound della band, considerata vero e proprio pioniere del metal di nuova generazione. Piuttosto orecchiabile, immediata e con quel tocco intimo e ‘leggerino’ che aveva preso il sopravvento in “Polaris”. L’opener del quarto lavoro degli inglesi è un ottimo apripista, soprattutto se seguita dalla più sghemba e variopinta “King” che ricorda ai fans le partiture più progressive, la potenza espressiva dei Tesseract degli esordi e allo stesso tempo segue il nuovo corso atmosferico della band. Daniel Tompkins è ancora in forma smagliante, appariscente e in grado di eclissarsi dietro le interessanti – ancora una volta – partiture di Kahney. Con il preludio “Orbital” si tende a far capire come l’intenzione di ‘suonare difficile’ non importi poi molto agli inglesi; piuttosto interessa captare come le emozioni trasmesse dalla scrittura musicale possano essere in grado di trasportare l’ascoltatore dentro i suoi territori più caldi, densi, liquidi. Con una preparazione come questa “Juno” guadagna ancora di più in fatto di groove e immediatezza, risultando essere una oppotuna evoluzione per evidenziare ancora di più le carte di questo “Sonder”, che risulta quindi una sorta di ricapitolazione di quanto i Tesseract hanno detto nel corso di questi dieci anni. “Beaneath My Skin” e “Mirror Image” ripercorrono quel suono atmosferico, più affabile e diretto, ma sempre delicato nei suoi arpeggi e nei suoi intriganti arpeggi post-rockeggianti, senza entusiasmare per chissà quali intricati ricami ma puntando piuttosto ad un’empatia emozionale che con la voce di Tompkins sembra naturalmente possibile. “Smile” è probabilmente uno dei pezzi più riusciti: un brano in cui il basso di Amos Williams si ricama perfettamente dentro il riffing di Kahney, e sul quale svetta propriamente la voce di Tompkins, fino ad arrivare ad un finale forse un po’ brusco, che si immette nella finale “The Arrow”, che chiude il discorso intero forse in maniera non perfettamente entusiasmante, così come ci sarebbe forse aspettato. Quello che si può addurre alla fine di “Sonder” è che sicuramente siamo ancora di fronte ad un prodotto che soddisferà ampiamente i fan della band ma che, a ben vedere, manca un po’ di quella struttura e quella cornice capace di rendere il discorso coeso ed incisivo. I due momenti più brevi del disco non servono poi a molto, con una durata complessiva così breve, e l’emozione dei crescendo va spesso a smorzarsi bruscamente al posto che acuirsi ed entrare nelle vene dell’ascoltatore, come forse l’intenzione della musica dei Tesseract vorrebbe essere. Stesso discorso per le sortite brutali della voce di Tompkins, giusto un paio, al secondo e al penultimo brano, che possono sembrare anch’esse un po’ buttate lì per compiacere il passato. Per fortuna di tutti i Tesseract suonano bene, compongono bella musica e il sound è ancora una volta al top del livello per il genere. Se si vuole però essere strabiliati da una proposta progressive di nuova generazione c’è molto altro in giro. Questo è solo, forse, un altro bell’album da parte di una band di alto livello.