9.0
- Band: TESTAMENT
- Durata: 00:42:43
- Disponibile dal: 28/06/1999
- Etichetta:
- Spitfire Records
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Siamo alla fine del Ventesimo secolo e… tranquilli, il mondo intero non è sconvolto dalle esplosioni atomiche. Tuttavia, una certa apprensione, una certa attesa regna sovrana da oriente a occidente. Il secondo millennio dopo Cristo sta per concludersi e allora qualcuno inizia a studiare le stelle per carpire e capire eventuali segnali divini o semplicemente astrali. Altri si tuffano nei libri di storia per rivangare quel terribile monito medioevale che prendeva a sua volta in prestito le parole dei Vangeli apocrifi, ‘mille e non più mille’. Alcuni, in preda al panico, si affrettano a preparare armi e bagagli per fuggire dalla propria abitazione, alla ricerca di un posto sicuro in vista dell’imminente fine del mondo. Altri ancora, infine, proprio per ‘celebrare’ il catastrofico evento, si chiedono quale possa essere un’ideale colonna sonora in grado di accompagnare l’intera umanità verso le ultime battute della propria esistenza. Ebbene, nel giugno del ’99, da quella stessa Bay Area californiana in cui, solo una quindicina di anni prima, aveva preso vita la forma più diretta, tirata e rabbiosa del metal, chiamata thrash, arriva come un fulmine a ciel sereno un’autentica mazzata in testa che, non solo ci avrebbe dato un calcio nel sedere verso il nuovo millennio, facendo così crollare tutti i riti scaramantici del caso, ma che si sarebbe anche assestata come una delle migliori prestazioni sonore, per tecnica e pesantezza, dell’intero panorama metallico. L’album in questione si chiama(va) “The Gathering” e i cinque cavalieri dell’Apocalisse – uno in più per l’occasione – sono i Testament della ditta Billy&Peterson, reduci dalle forti critiche ricevute a seguito dell’ultima fatica targata “Demonic” prodotta due anni prima. Un duo storico, fondatore di un gruppo altrettanto sottovalutato che, nel tempo, non ha mai ricevuto i medesimi onori riservati ad altri colleghi conterranei (onori meritati, sia chiaro). Poco importa: non solo “The Gathering” si erge come uno dei platter più riusciti in ambito thrash metal degli ultimi due decenni, ma regge pure il confronto con alcuni capisaldi del genere sfornati proprio a metà degli anni ’80, quando nella terra a stelle e strisce, oltre che nei lander tedeschi, scoppiarono delle autentiche bombe ad orologeria, tra le quali comparivano anche due episodi targati proprio Testament (“The Legacy” del 1987 e “The New Order” dell’anno successivo). Ma veniamo a noi. Il sentore, prima ancora di aver pigiato ‘play’, che avremmo ascoltato qualcosa di diverso dal solito, lo si poteva già avvertire leggendo la line-up. Come suggerisce lo stesso titolo dell’album, si trattava di un vero e proprio raduno di mostri sacri del settore: a supporto di Chuck Billy ed Eric Peterson, infatti, arrivarono il già ex-Testament James Murphy, Steve DiGiorgio al basso e un certo Dave Lombardo ‘on the drums’; una sezione ritmica che andrà a fare la differenza dal primo all’ultimo minuto, mettendo a dura prova i padiglioni auricolari di ogni metallaro. Si scriveva in precedenza di colonne sonore: bene, l’opener di “The Gathering” è il perfetto addio e nel contempo il più terribile dei benvenuto che si potesse immaginare. Una sospirata mescolanza di archi apre le porte per quello che si dimostrerà essere un vero e proprio massacro; “D.N.R. (Do Not Resuscitate)” è semplicemente micidiale e nello stesso tempo perfetta, la canzone simbolo dei Testament e del thrash di fine secolo. Tre minuti e mezzo a perdifiato, senza una virgola fuori posto, conditi dalla prestazione sublime di ognuno dei cinque protagonisti. Difficile proseguire dopo una bastonata del genere. La tensione rimane comunque alta e, forti di un’eccellente produzione, i Nostri ci sbattono in faccia una “Down For Life” che rimanda l’orecchio ai primi vagiti della band di Oakland, pur mantenendo un tasso di notevole modernità oltre ad una fresca e sempre vivace cattiveria. I toni s’incupiscono ulterioremente con “Eyes Of Wrath”, in cui la coppia Lombardo-DiGiorgio si erge a protagonista assoluta del brano. Gli ‘occhi della rabbia’ anticipano quello che sarà un altro degli episodi ‘hot’ dell’intero album. Un riff minaccioso alza sipario per l’entrata in scena di “True Believer”, pezzo grintosissimo e pure orecchiabile, in cui si manifestano gli ingredienti tipici del Testament sound: granitico, possente, ma anche tecnico e preciso. E’ invece l’ugola di Chuck Billy a farsi notare nella cupa “3 Days In Darkness”: tre giorni oscuri ad anticipare un terremoto sonoro senza eguali di nome “Legions Of The Dead”. Lombardo pesta chirurgicamente come un dannato, mentre Peterson e Murphy fanno il ‘diavolo a sei’, lanciando fulminei e malvagi riff lungo le corde gutturali del buon Chuck. Due minuti e mezzo di furia assoluta. Dopo una scossa simile è necessaria una ‘pausa’: arriva in soccorso la più che ritmata “Careful What You Wish For”, dal sound più classico rispetto alle precedenti, con alcuni inserti dal sapore quasi tribale. Brani comunque spediti, che viaggiano sui tre minuti e mezzo di media a testa; per non darti tregua, per non farti abbassare la guardia. Una spirale thrash al fulmicotone, quasi ipnotica come nel caso di “Riding The Snake”, dove il basso di DiGiorgio ti penetra nell’orecchio per non uscirne più. Una line-up perfetta quella sciorinata dai Testament in occasione della loro ottava fatica; e se non fosse per i due veterani (Billy e Peterson) si potrebbe parlare a tutti gli effetti di un signor supergruppo. Una formazione che, prima, sbatte in un angolo il vecchio secolo con un’infernale discesa (“Allegiance”), inframezzata da stacchi più cadenzati e groovy, quindi impone una vera e propria lezione musicale grazie alla sontuosa “Sewn Shut Eyes”. Le battute finali di quest’opera d’arte più che apocalittica si avvicinano ma, prima di cadere definitivamente a terra, un’ultima mazzolata tra i denti: quasi più feroce di “D.N.R.” e di “Legions Of The Dead”, la conclusiva “Fall Of Sipledome” stritola ogni parte fisica e mentale del corpo, bollata da un growl quasi death di un Chuck Billy che, su “The Gathering”, ci regala una delle sue migliori prestazioni di sempre. Il raduno è terminato, il portone del nuovo millennio è stato distrutto a suon di headbanging; il testamento dei Testament è stato scritto. Mai verbo fu più pesante e letale. Da avere assolutamente!