7.5
- Band: TETHRA
- Durata: 00:49:55
- Disponibile dal: 11/02/2017
- Etichetta:
- Sliptrick Records
- Distributore: Masterpiece
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Sono passati (già) quattro anni da quando il debut album dei novaresi Tethra “Drown Into The Sea Of Life” ci aveva sorpreso positivamente, grazie alle sue gotiche atmosfere e a una proposta doom death di pregevole fattura. Di quei Tethra oggi è rimasto soltanto il vocalist Clode che tuttavia, col senno ci poi, ci sentiamo di affermare essere uno degli elementi chiave e certamente uno dei tratti più distintivi del sound del gruppo. L’atmosfera e l’identità del sound dei Tethra non si è infatti andato a disperdere grazie alle sue calde, avvolgenti e profonde vocals, ma semmai a completare e a maturare ulteriormente grazie all’apporto di due nuovi chitarristi e a musicisti capaci ed esperti. Le coordinate stilistiche rimangono saldamente ancorate a quel gothic doom tradizionale di band tipo Moonspell, My Dying Bride, Candlemass, Paradise Lost. Oggi il gruppo ha incentrato il proprio songwriting verso lidi più classici e melodici, accantonando (ma non dimenticando) i frangenti più estremi e death. Ci troviamo alle prese quindi con brani melanconici, teatrali, dall’incedere dondolante e vagamente neoclassico, e che hanno tutti il minimo comune denominatore di essere molto, molto toccanti. Il punto di forza del songwriting dei Tethra è proprio il riuscire a coordinare l’epicità e l’evocatività, l’essere tristi senza essere eccessivamente criptici, il saper essere nostalgici ma non melensi… In una parola i Tethra riescono ad essere equilibrati. Senza voler scomodare paragoni eccessivi crediamo che questa band sia tra le più convincenti uscite negli ultimi anni in questo specifico genere, e sarebbe un vero peccato non dare loro nemmeno una possibilità e ignorarli completamente. “Like Crows For The Earth” è un disco che, nonostante la sua spiccata ricerca melodica e, almeno sulle prime, sembra un platter più accessibile, ha però la capacità di penetrare nel profondo dell’animo in maniera graduale solo dopo un certo numero di ascolti. Il grosso rischio che si corre, ad ascoltare in maniera distratta o superficiale, è quello di non coglierne l’essenza più profonda e vibrante. Molti dei brani sono introdotti da un intermezzo strumentale, come per permettere all’ascoltatore di calarsi nella giusta atmosfera, un’idea che da un lato va contro all’immediatezza del sound, ma dall’altro è il loro modo di far emergere i brani come entità proprie, un modus operandi in grado di raccontare molto sull’essenza del gruppo che non ha voluto lasciare nulla al caso. A questo proposito anche il master è stato affidato ad un vero e proprio punto di riferimento nel genere, ovvero quel tale Greg Chandles (Esoteric) che è riuscito ancora una volta a fare un lavoro egregio. Tra i brani più riusciti e toccanti citiamo “Springtime Melancholy” e “The Groundfeeder”, quest’ultimo a parere di chi scrive probabilmente l’apice del platter e non a caso scelta come singolo. La scena gothic doom nostrana ha bisogno di nuove leve e i Tethra sono una di quelle realtà che non bisogna ignorare. Non dite che non ve l’avevamo detto.