8.0
- Band: TETRAMORPHE IMPURE
- Durata: 00:39:42
- Disponibile dal: 18/04/2025
- Etichetta:
- Aesthetic Death
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Tetramorphe Impure è la creatura di Damien Dell’Amico, con un passato in gruppi quali Mortuary Drape, Eroded e Septycal Gorge e dal 2021 voce dei Comando Praetorio, artista alessandrino non di primo pelo che ha esplorato i territori della musica estrema nelle sue varie sfaccettature. La band ha una storia a dir poco lunga e travagliata: nata come trio nel 2006, è diventata ben presto un progetto solista per una decisione del suo stesso fondatore, ed ha pubblicato solamente un demo ed uno split con i Black Oath nei suoi primi anni di esistenza, prima dell’insperato ritorno nel 2021 con la compilation “Dead Hopes / The Last Chains”.
“The Sunset Of Being” è l’album di debutto, che arriva diciannove anni dopo gli avventurosi inizi, e suona logicamente diverso da tutto ciò che Damien ha prodotto in tutto questo tempo ma, ascoltato con attenzione, ne è la conseguenza naturale, una sorta di fusione tra generi già ampiamente codificati ma non semplici da amalgamare con questa naturalezza.
L’ispirazione proviene principalmente dai primi anni ’90, da un doom metal dai toni plumbei che sconfina in più occasioni nel doom/death metal delle origini, ma non mancano frequenti sfuriate death metal vecchia scuola e qualche incursione in territori dark wave, mentre dell’esperienza con i Mortuary Drape sembrano essere rimasti essenzialmente l’approccio ritualistico e alcune tematiche legate all’occultismo.
Un suono evidentemente ricercato attraverso un lavoro di cesello nelle sofferte sperimentazioni che, a detta di Damien, hanno riempito i suoi ultimi due anni, e contemporaneamente frutto di un’urgenza tangibile, nel quale confluiscono My Dying Bride e Disembowelment, ma anche Autopsy e Dead Can Dance – giusto per fare qualche nome citato dallo stesso musicista come influenza – in quaranta minuti di musica che rappresentano una riflessione senza vie d’uscita sulla natura transitoria dell’esistenza umana.
Quattro lunghi brani nei quali il silenzio conta quanto i suoni: questi si sviluppano intorno a riff dilatati, con un growling lugubre che si alterna ad una voce parlata altrettanto gelida ed impersonale, allo scopo di esprimere una solitudine che non trova altri sbocchi se non il terrore.
I momenti più significativi sono la title-track, con tutta la sua tensione che rimane inesplosa, e “Night Chants”, l’episodio nel quale l’antitesi tra furore e accettazione appare più netta, ma non si registrano cali per tutta la durata di un disco che sa essere fortemente meditativo senza rinunciare a momenti di ira violenta.
Ci sono voluti quasi vent’anni per riemergere da un underground dal quale sembrava impossibile poter riaffiorare, eppure Tetramorphe Impure ci è riuscito, dando alla luce un monolite di pura rassegnazione davanti alla contingenza umana. Progetti simili non hanno come obiettivo il raggiungimento del consenso, e i lassi di tempo tra le rare pubblicazioni non ci permettono di pronosticare cosa ci riserverà il futuro, ma la certezza, per ora, è un disco ostico e faticoso, che potrà essere compreso solamente da coloro che sapranno scavare in profondità ed affrontare l’angoscia più oscura.