THAW – Fading Backwards

Pubblicato il 24/10/2024 da
voto
7.0
  • Band: THAW
  • Durata: 00:34:29
  • Disponibile dal: 25/10/2024
  • Etichetta:
  • Agonia Records

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Tornano sulle scene i polacchi Thaw, e lo fanno dopo alcuni anni di assenza dalla luce dei riflettori con un nuovo album intitolato “Fading Backwards”, pubblicato da Agonia Records.
Si può notare come tendenzialmente il nome della band non sia riuscito ad affermarsi in maniera decisiva nell’ambito del metal sperimentale: pur potendo vantare una certa esperienza per quanto riguarda l’attività concertistica – basti pensare al tour europeo con i conterranei Behemoth del 2015 o alla partecipazione all’edizione del 2018 del Roadburn Festival – i Nostri non sono mai stati riconosciuti definitivamente dal pubblico di riferimento.
La distanza che intercorre tra il precedente album “Grains” del 2017 e il nuovo “Fading Backwards” non deve inoltre aver giovato in tal senso alla visibilità del gruppo, che però in maniera coraggiosa si fa nuovamente avanti con un album che per certi versi non si discosta troppo da quanto propostoci in precedenza, approntando però alcune migliorie e novità inerenti il proprio sound generale.
Il disco si sviluppa su sei tracce della lunghezza media di cinque minuti, per una mezz’ora abbondante di sludge, drone e black metal: ci sentiamo di dire che per alcuni aspetti compositivi il nuovo lavoro dei Thaw presenta una maggiore coesione stilistica rispetto al suo predecessore “Grains”, più orientato invece al drone chitarristico in senso stretto.
Le componenti e gli aspetti dei vari sottogeneri di riferimento per la musica proposta dai polacchi sono rivisti oggi più che mai in maniera coesa e unitaria, laddove gli inserimenti dal sapore industrial e noise vanno spesso a sovrapporsi in maniera organica alle trame chitarristiche o addirittura a rinforzare direttamente le percussioni anziché semplicemente alternarsi alle sezioni tipicamente metal – come accadeva invece più regolarmente nei precedenti episodi della relativa discografia.
Un chiaro esempio di quanto descritto è dato dal secondo pezzo “A Place Where Repetition Dwells”, laddove un pattern ritmico serrato e costante tracciato dalla batteria riesce ad accompagnare in maniera interessante l’ascoltatore attraverso alcuni cambi di sezione della composizione, tramite l’aggiunta e la sottrazione progressiva di suoni complementari alle percussioni stesse, in maniera per certi versi simile a quanto tentato dai danesi Plague Organ con il loro disco “Orphan”.
Fondamentale in tal senso per un effettivo avanzamento del sound è l’ottima produzione del disco, realizzata ai Monochrome Studio: è evidente come una maggior consapevolezza delle caratteristiche della strumentazione e dell’attrezzatura necessarie abbia portato la band alla realizzazione di un album interessante dal punto di vista esperienziale e uditivo. Per gli ascoltatori più interessati all’aspetto tecnico della produzione audio, il nuovo “Fading Backwards” sarà in tal senso un disco a cui dedicare effettivamente una certa attenzione, date le numerose stratificazioni del suono da sezionare e sviscerare anche in seguito a diversi ascolti.
In parte differenti sono invece le considerazioni attinenti al songwriting in senso stretto: pur non mancando momenti interessanti dal punto di vista della scrittura dei brani, come nel caso della conclusiva “Moral Justification Of Selfishness”, i pezzi in generale sono relativamente poco caratterizzati e riconoscibili individualmente, facendo piuttosto parte di un album che va considerato nella sua totalità in termini d’ascolto.
Non necessariamente questa caratteristica di “Fading Backwards” va considerata in senso negativo, laddove l’album si ascolta interamente in maniera piuttosto lineare e priva di particolari difficoltà; tuttavia, la mancanza generale di certi appigli per la memoria dell’ascoltatore impedirà con tutta probabilità ancora una volta ai Thaw di farsi avanti nel panorama del metal sperimentale in maniera decisiva, rimanendo nell’alveo dei gruppi d’interesse per una nicchia da cui però difficilmente riusciranno ad emergere.
Consigliamo l’ascolto del nuovo lavoro della band a coloro che ne conoscono i precedenti episodi discografici onde poter constatare l’evoluzione stilistica dei Nostri e, più in generale, a coloro interessati a un suono contaminato, pesante e avverso al citazionismo stretto: quest’ultima fatica saprà in tal senso incuriosire e offrire spunti talvolta inusuali.

TRACKLIST

  1. The Great Devourer
  2. A Place Where Repetition Dwells
  3. Wartenberg Wheel
  4. In The Laughter And The Stride
  5. Dissociate Me/Spreader Bar
  6. Moral Justification Of Selfishness
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