
7.5
- Band: THE 7TH GUILD
- Durata: 00:47:51
- Disponibile dal: 21/02/2025
- Etichetta:
- Scarlet Records
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La celebre tradizione italiana del power metal melodico può vantare ormai trent’anni di lungimirante storia; band come Rhapsody, Labyrinth, Vision Divine, Secret Sphere e tanti altri, hanno fatto scuola iniziando ormai quasi tre decadi fa e lasciando un’eredità che ancora oggi viene portata avanti da loro stessi e da altre giovani realtà. Una scena illustre che ha partorito anche enormi talenti individuali, alcuni dei quali ritroviamo in questo nuovo, entusiasmante progetto.
I The 7th Guild nascono dalla visione del mastermind e cantante degli Skeletoon, Tomi Fooler, nel mettere in piedi un trio vocale power metal ispirandosi ai Tre Tenori.
Giacomo Voli, pezzo forte al microfono nei Rhapsody Of Fire, Ivan Giannini, da poco uscito dai Vision Divine ma ancora protagonista nei Derdian, e appunto lo stesso Fooler; sono loro i protagonisti principali di questo disco dividendosi le parti vocali dei nove brani proposti.
Ma la forza di questo lavoro sta anche nel forte talento dei musicisti che stanno attorno a questi cantanti, musicisti che hanno dato abbondantemente sfoggio del proprio talento come Simone Mularoni (DGM) alla chitarra e anche in fase di produzione nei suoi rinomati Domination Studio, e poi Daniele Mazza (Ancient Bards) per orchestrazioni e arrangiamenti, le tastiere di Alessio Lucatti (Vision Divine, Deathless Legacy), il basso di Francesco Ferraro (Freedom Call, Bloodorn) e la batteria di Michael Ehrè (Gamma Ray, The Unity).
Diciamoci la verità: quel power metal melodico, arioso, dai ritmi sostenuti che aveva catturato il cuore di tanti metalhead dalla seconda metà degli anni Novanta, grazie a gruppi come Stratovarius., Angra, Edguy, Avantasia e tanti altri, è un po’ alla volta caduto nell’oblio, come è naturale che sia.
Facciamo fatica a ricordare, negli ultimi tempi, un disco capace di riportare in auge queste sonorità con la partecipazione ed il coinvolgimento che questo “Triumviro” riesce invece a trasmettere, grazie a brani pomposi e prorompenti: lo dimostra subito “Holy Land”, splendido pezzo d’apertura che sfoggia subito in primo piano l’ugola di Giacomo Voli, capace di alzarsi limpida con tutta la sua maestria, e la parte strumentale subito in luce con un assolo di chitarra prorompente.
L’ispiratissima “The 7th Guild” scorre come un fulmine, spinto dalla carica del batterista tedesco e presentando linee vocali scintillanti che rispecchiano proprio quell’essenza del power metal descritta poc’anzi. Ivan Giannini qui è l’assoluto protagonista, e la sua interpretazione sembra omaggiare un grandissimo come il compianto André Matos (Angra, Shaman); inoltre, l’uso di qualche coro è magistrale ed il ritornello è un’esplosione di vivacità.
Se nei brani rapidi la band dimostra di essere ineccepibile, forse riesce addirittura a superarsi con “Glorius”, pezzo pomposo, un anthem che si muove su ritmi cadenzati per poi esplodere su un coro supercoinvolgente e ricco di pathos, un vero e proprio incitamento ad alzare la voce e ad unirsi alle note cantate dal trio, in particolare durante il bridge cantato in lingua italiana che fa pieno centro.
Tale soluzione viene riproposta durante l’ascolto e ben si sposa all’interno del progetto: la seguente “La Promessa Cremisi”, ad esempio, è pure totalmente cantata in lingua madre, ricordando qualche pezzo che i precursori Rhapsody hanno composto in passato.
La band triestina torna prepotente come ispirazione principale durante la scrosciante “In Nomine Patris”, la quale mentre scorre decisa presenta dei cori operistici che diventano imponenti aiutando il pezzo a decollare. E la lenta “Time” sembra davvero uscita dalla penna di Tobias Sammet durante il periodo d’oro dei suoi Edguy e di dischi come “Vain Glory Opera” e “Theater Of Salvation”, con le sue melodie semplici e dirette certamente sognanti e romantiche.
“Guardians Of Eternity” mette in mostra le doti di songwriting di Tomi Fooler, che piazza cambi di atmosfere giocando alla perfezione con cambi di tempo e linee vocali, mentre “The Metal Charade”, forse il brano più scontato e meno incisivo dell’ascolto, riesce comunque ad elevarsi stavolta grazie ad arrangiamenti sfarzosi e maestosi, ideati da Daniele Mazza e ad un assolo di chitarra che ci riporta ai tempi più ispirati di Avantasia.
A chiudere, una versione più pomposa di “Fairy Tale”, grandioso brano contenuto nel debutto degli Shaman: Ivan Giannini riesce a muoversi con estrema classe sulle linee vocali ostiche cantate originariamente da André Matos.
Un genere proposto e riproposto in tante salse in tutti questi anni e che forse ha stancato molti storici appassionati. Ma è sempre una questione di stile, freschezza, dedizione e passione; questo progetto, che unisce alla voce tre ottimi interpreti di questa musica, dimostra come si possa ancora trasmettere sensazioni positive cavalcando l’onda del power metal melodico e barocco, dando nuova linfa a questa musica.