6.0
- Band: THE ACACIA STRAIN
- Durata: 1:04:17
- Disponibile dal: 14/10/2014
- Etichetta:
- Rise Records
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La band del Massachussets ha davvero bisogno di poche presentazioni: giunti con questo “Coma Witch” alla settima release della loro carriera (iniziata nell’ormai lontano 2001), i Ragazzi hanno sempre cercato di scrollarsi di dosso la pesante etichetta di “deathcore band”, non volendo venire accomunati a tutte quelle band “trendy” che afferiscono al filone. Oltre questo, I Nostri si sono ritagliati un posto particolare all’interno del genere offrendo una proposta tendenzialmente molto più “lenta” rispetto ai canoni, creando dei veri e propri muri sonori fatti di chitarre che macinano riff pachidermici, e vocalizzi cavernosi e monocordi. Questo “Coma Witch” è il primo album della formazione statunitense a vedere la luce dalla dipartita del membro fondatore e mastermind del gruppo, il chitarrista Daniel “DL” Laskiewicz, il cui lavoro su disco è stato rimpiazzato da Devin Shidaker (Oceano) e Richard Gomez (Molotov Solution), i quali cercano di non fare rimpiangere il caro “DL” al meglio delle loro possibilità, anche se una differenza rispetto a lavori quali il ben più vario “Death Is the Only Mortal” si sente chiaramente. Come da tradizione, abbiamo a che fare con un lavoro oscuro, caustico, pervaso di odio verso l’umanità e di speranze infrante, misantropia e nichilismo (insomma, se siete in cerca di qualcosa con cui allietare i vostri pomeriggi domenicali, guardate pure altrove). Nonostante un’ottima produzione targata Rise ed un lavoro strumentale formalmente impeccabile, ll disco sembra non riuscire mai a decollare, complici un’omogeneità compositiva dallo scarso appeal, fatta di riffoni ribassati come se piovesse e di interminabili breakdown. Se dopo i primi episodi ci fanno ondeggiare il capo compiaciuti, arrivati alla fine mettono a dura prova la nostra pazienza, facendoci sovente premere il tasto skip. In aggiunta, il lavoro viene zavorrato da minutaggio decisamente eccessivo, principalmente a causa di “Observer”, metal suite ambiziosa e teatrale posta in chiusura alla fine della quale il nostro cronometro segna quasi 28 minuti. Insomma, un album che potrà andare bene per i consumati fan della band, mentre temiamo faticherà ad ammaliare chi non è avvezzo a questo tipo di sonorità.